Alla casa di riposo di Lessona la storia di Ada, guarita dal virus a 104 anni
I momenti di crisi ed emergenza come quello che stiamo vivendo da settimane alle prese con l'emergenza Coronavirus, possono anche riservare episodi straordinari, che in parte ci riconciliano con la speranza che la vita possa sempre andare avanti, in questo periodo di grandi sacrifici e incertezze.
Si è detto e scritto moltissimo in questi giorni della fragilità degli anziani, esposti più di ogni altro soggetto, ai rischi letali del virus in questa pandemia. Le famiglie, le case di riposo, gli ospedali, i centri di incontro hanno pagato un tributo pesantissimo a questa emergenza in termini di vittime tra la popolazione più avanti negli anni.
A Lessona, la Residenza Maria Grazia, che fa capo alla Fondazione Cerino Zegna, ha vissuto in queste settimane momenti davvero drammatici con una serie di contagi e di decessi davvero impressionante tra i suoi ospiti, ma ora la situazione è stata ricondotta a una certa normalità, con i tamponi effettuati ai 53 ospiti della struttura, tra i quali ne sono stati individuati 11 asintomatici. L'isolamento, attuato fin dall'inizio della crisi, del reparto dei contagiati, è stato ulteriormente consolidato e ora si può guardare con maggiore fiducia alle prossime settimane.
A sancire questa ritrovata serenità, avrà senza dubbio contribuito anche la notizia straordinaria di un'anziana ospite che alla bella età di 104 si è ammalata di questo feroce virus, ma è riuscita a guarire ed ora sta bene.
La storia di questa eccezionale centenaria, ce la racconta il medico che l'ha seguita in casa di riposo, la dottoressa Carla Furno Marchese: «Ci piace ed è bello, in questi tempi in cui le cronache sono piene di notizie tragiche e dolorose per la nostra nazione e per il mondo intero, raccontare la storia di Ada che può aiutare chi la legge a sperare. Ada è una bellissima signora, classe 1916, nata in quelle lontane terre venete, un tempo povere. Per questo lei e il marito, con i primi figli, decisero di trasferirsi in Piemonte, alla ricerca di condizioni lavorative migliori. Giunsero nel Biellese dove si stabilirono e, grazie all’operosità che contraddistingue quella gente, lavorarono seriamente, trovarono una dimora che resero accogliente per i loro figli, che intanto erano diventati quattro, crescendoli secondo i più sani principi. La vita le ha dato, come a tutti, molte gioie e soddisfazioni insieme ad inevitabili dolori che, sempre, Ada ha affrontato con spirito di cristiana rassegnazione».
La dottoressa Furno Marchese spiega che «da qualche anno, dopo una frattura di femore, ma conservando perfettamente l’integrità mentale, Ada risiede alla Residenza Maria Grazia di Lessona, dove è apprezzata da tutti per il suo buon carattere e la sua mitezza».
Come tutti gli altri ospiti, ha però dovuto fare i conti con la pandemia di queste settimane: «Ai primi di marzo» racconta infatti la dottoressa «ecco entrare in struttura il peggior nemico di questi tempi, il virus maledetto che colpisce e stermina senza guardare in faccia nessuno. Anche Ada viene colpita, la vediamo stare male e ci addoloriamo per lei come per tutti gli ospiti che abbiamo seguito in questi giorni lungo un percorso di malattia difficile, scarsamente dominabile e spesso inesorabile. Eppure Ada, dopo qualche giorno di lotta con il nemico, si è ripresa, è tornata vigile e cosciente e il suo sorriso amorevole ha ripreso ad illuminarne il bel volto. È stata una grande gioia e, forse, una ricompensa per tutti coloro che, in questi giorni difficili, non hanno risparmiato né le fatiche né i rischi, accudendo i tanti ospiti malati: gli operatori socio sanitari che si sono prodigati con grande disponibilità e serietà, gli infermieri costantemente vigili ai letti dei malati, la direttrice generale attenta e pronta a fornire il necessario in una tale emergenza, il direttore della struttura e la segretaria, sempre presenti da mattina a sera per tanti giorni, i medici al loro posto, come il senso di dovere civico e professionale richiedeva. Ora siamo tutti felici nel vedere Ada che, davanti alla vetrata, guarda la strada che conduce alla nostra Residenza, nell’attesa di scorgere i suoi cari che possono tornare ad abbracciarla».
Storie come queste ci fanno capire che anche nelle peggiori situazioni, a volte, è possibile ricominciare a vivere. Anche a 104 anni.
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