Don Felice Bertola, il sacerdote umile rimasto nel cuore di tantissimi parrocchiani

Oggi, giovedì 12 settembre, ricorre il ventunesimo anniversario della sua morte. Giovanni Ferrarotti, suo caro amico, lo ricorda con un vivido e accorato ritratto

È facile riconoscere l’uomo prudente. L’uomo prudente ama il silenzio; sa parlare a tempo opportuno e nel modo giusto; non è frettoloso nei suoi giudizi; riflette molto prima di dare consigli; diffida delle sue forze e ricorre all’aiuto di Dio; cerca avidamente la volontà di Dio.

Ecco il ritratto - seppure incompleto - di don Felice.

Anzitutto egli non pretendeva mai di entrare nella coscienza altrui se non trovava la porta ben spalancata. È vero, il buon Dio gli aveva dato anche il dono di aiutare il suo interlocutore ad aprirgliela, questa porta: ma, nel fare ciò, agiva con somma discrezione, con estrema delicatezza. Le parole usate erano dolci, calme, sature di carità, di carità vera; e se trovava anche un minimo ostacolo si fermava, ben sapendo che non gli era concesso il diritto di andare oltre.

E poi... il silenzio: silenzio assoluto. Ben mi disse un giorno un vescovo, missionario da decenni in Brasile, che lo conosceva perfettamente: «Don Felice mi ha insegnato a silenziare».

La conferma di ciò è stata data dalla sua sepoltura: una folla commovente riempiva il Duomo di Biella: erano persone che lo conoscevano bene, magari in familiarità con lui; tuttavia nessuno prima d’allora supponeva che chi gli stava accanto avesse avuto relazioni altrettanto profonde con quell’umile sacerdote.

Don Felice ascoltava tutti e teneva le labbra chiuse. «Sto alla porta e busso: busso con discrezione, umiltà e amore grande” sembrava egli dire con il Cristo a chi desiderava invitare a percorrere la via della perfezione.

È in questo quadro che si pone la sua capacità di assumersi responsabilità non indifferenti, sovente gravi.

Ma in questi casi agiva da solo: prima di tutto e anzitutto la preghiera, molta preghiera. Ed allora noi lo ricordiamo nei momenti in cui, stando per incontrare qualcuno onde prendere decisioni di gran peso, recitava il... Rosario. Pregava; pregava anzitutto e soprattutto, poiché sapeva che da solo non era in grado di fare nulla.

Eccolo, allora, porre in ogni occasione il suo affidamento sulla Grazia: la Grazia - diceva - anzitutto ti fa comprendere se ciò che desideri è la volontà di Dio, poi ti sostiene quando hai preso la tua decisione.

Così un giorno disse ad una mamma che manifestava i suoi timori nella capacità di educare bene i suoi figlioli: «No! Non c’è da temere! C’è la Grazia! Il Signore è obbligato a darle il suo aiuto e ad assisterla in ogni momento, in ogni difficoltà. Avanti, quindi, nella serenità d’animo e nella gioia!».

Ma egli ben sapeva che - a volte - la voce di Dio si fa attendere e si è costretti a camminare nel buio del deserto. Anche in questo caso, però, egli sapeva attendere. In che modo? Pregando. La preghiera, sempre.

Non è tuttavia da credersi che don Felice vivesse in un’atmosfera quasi distaccata da questo mondo, tutto immerso in un universo spirituale che lasciasse ben poco spazio ai problemi che la vita quotidianamente presneta.

In ogni decisione, in ogni problema egli impegnava la ragione umana fino al sommo grado, corroborandola coin la sua profonda esperienza.

Esperienza, preghiera, fede. Poi decideva.

E quando aveva deciso, era irremovibile: impegnava tutte le sue forze alla realizzazione del progetto, né tentennava o desisteva, salvo che intervenissero fatti di tale gravità da farlo ulteriormente riflettere. Ma ciò - a mio avviso - accadde ben rare volte.

Eppure in tutto questo quadro traspariva un non so che si umile, di semplice, di misurato, di bello. Al vedere la sua figura, ti chiedevi sovente come mai non fossero stati considerati questi valori per chiamarlo a incarichi “più alti”, di maggiore responsabilità.

«Se è prudente, ci regga» diceva San Tommaso. Qui c’era la prudenza e ben altro ancora.

I misteri di Dio non ci sono noti. Don Felice è rimasto l’umile sacerdote che ha trascorso la vita a spargere - come il seminatore del Vangelo - i chicchi di grano tra le zolle, a dissodare terreni aridi, ad irrorarli con la rugiada della Grazia nel segreto di un confessionale o nella quotidiana comunione con i fratelli.

Ora riposa là, ai piedi della “Mamma buona” di Oropa, con lo sguardo rivolto verso il Santuario benedetto. E di là ci benedice e protegge. Sempre!n

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