E ora Lessona pride! I nebbioli biellesi con i grandi di Langa

I produttori locali riscoprono l’orgoglio di un vino storico

A novembre una masterclass con i Barolo e i Barbaresco e, in contemporanea, una mostra fotografica del maestro dell’istantanea Maurizio Galimberti per il festival “#Fouriluogo”

«Cinquant’anni, in enologia, è un tempo breve, una parentesi, in una storia secolare di cui noi vogliamo riappropriarci» lo dice Daniele Dinoia, produttore di Lessona e patron di Villa Guelpa, a Gelasio Gaetani d’Aragona, giornalista e grande esperto di settore — anche lui in passato ha prodotto vino e poi ha messo a disposizione le sue competenze per creare tra le più ricche e prestigiose cantine del mondo suggerendo ai fortunati magnati suoi clienti le bottiglie giuste da acquistare — arrivato in visita nelle vigne biellesi. Quei cinquant’anni a cui fa riferimento Dinoia sono il periodo buio, seguito al secondo Dopoguerra, quando, se non fosse stato per pochi e tenaci produttori — tra i quali Tenute Sella e famiglia Clerico — del passato vitivinicolo biellese si sarebbe perso traccia. Gelasio Gaetani, frequentazioni con gli Agnelli e i Gawronsky, è arrivato quasi per caso a San Sebastiano allo Zoppo, la bella villa dei Sella in cima alla collina che da il nome a uno dei più prestigiosi crù del territorio — la vista che si gode da questo luogo con viti, ulivi, palme e cipressi, sembrerebbe quella di un’isola nel Mediterraneo. La settimana prima, in Versilia, aveva trovato l’amico fotografo Maurizio Galimberti — un maestro della fotografia riconosciuto dalla critica e dal pubblico. «Hai voglia di seguirmi in un viaggio tra le vigne?» gli chiede. Galimberti infatti avrebbe dovuto realizzare il suo ultimo progetto: ritrarre l’essenza delle vigne di Lessona, di Barolo e Barbaresco dove nascono i vini selezionati dalla giornalista statunitense Kerin O’Keefe — enologa e giornalista, tra le voci più ascoltate al mondo in campo enologico — per una masterclass che si terrà a Torino a novembre e alla quale parteciperanno critici di fama internazionale. I Lessona scelti sono quattro — La Badina, Massimo Clerico selezione, San Sebastiano allo Zoppo (Tenute Sella) e Villa Guelpa —. Questi vini sono la testimonianza che l’impegno, la passione e la costanza di chi ha ereditato le aziende di famiglia, e di chi si è avvicinato per la prima volta al mondo del vino strappando la terra un tempo vitata al bosco che l’aveva strangolata, sta cominciando a pagare. Forse quei cinquant’anni cui fa riferimento Dinoia presto potranno essere dimenticati. Il Biellese del vino, anche grazie al manipolo di produttori che ha deciso di far fronte comune con l’Associazione Vignaioli delle Colline Biellesi, sta prendendo sempre più consapevolezza della propria forza che deriva da un nobile passato — fino all’inizio del ‘900 questo territorio era il primo per produzioni vinicola in Piemonte e le Langhe erano ancora terra della “malora” di fenogliana memoria — e da caratteristiche di terroir (sabbie di un mare preistorico e porfidi di un supervulcano) e di clima (le Alpi alle spalle proteggono dal freddo e il lago di Viverone mitiga gli inverni) uniche. Tutto questo è ora di farlo sapere all’esterno e sopratutto ai biellesi. «I nostri sono ancora numeri piccoli anche se destinati a crescere. Se i biellesi iniziassero a conoscerci e a bere il nostro vino non ne avremmo per arrivare a Vercelli» scherza Marco Rizzetti di Tenute Sella. La masterclass di Kerin O’keefe e le fotografie di Maurizio Galimberti — ne nascerà una mostra che verrà allestita a Torino, poi in Langa e infine a Biella in occasione del festival “#Fuoriluogo” — va in questa direzione. «Siete un territorio “vergine” ma con una grande storia. I consumatori in questo momento storico hanno il desiderio di scoperta. Dovete sfruttarlo e cavalcare l’onda. Potete essere una nuova Montalcino» sprona Gelasio Gaetani che dalla breve visita si è innamorato di luoghi che «è un peccato restino sconosciuti ai più». L’enologia era entrata in crisi perché oltre alla filossera ed alcune annate sfortunate la nascente industria tessile aveva bisogno di braccia ai filatoi. «Oggi quel sistema, entrato in crisi, ha lasciato sul terreno, oltre a forza lavoro in esubero, capannoni vuoti e campagne abbandonate, che ad ogni precipitazione sono a rischio idrogeologico, o devastate da siti produttivi senza futuro o villette sorte dove un tempo c’erano viti. Passo dopo passo stiamo però riconquistando quel territorio» dice Dinoia che non nasconde anche elle sacche di resistenza. «La miopia degli amministratori, fino a non molto tempo fa, ha trasformato la destinazione urbanistica dei terreni. Ci troviamo così villette costruite dove un tempo c’era la vigna. E se noi ora ci mettiamo a reimpiantare la vite su quello che rimane di quegli appezzamenti veniamo considerati intrusi e appestatori come se, invece di lavorare per incrementare la biodiversità e utilizzare sistemi naturali per avere il massimo rispetto dell’ambiente e di che berrà il nostro vino, fossimo quelli del glifosato o dei pesticidi. La nostra deve essere anche una battaglia di cultura e di informazione».

Marco Rizzetti di Tenute Sella con il fotografo Maurizio Galimberti

L'esperto: Gelasio Gaetani
«IL BIELLESE PUÒ ESSERE UNA NUOVA BOLGHERI O UN NUOVO MONTALCINO»



A Biella c'era stato per un evento a Città dell’Arte ma mai per visitare la realtà vitivinicola, lui, il conte Gelasio Gaetani d’Aragona, che dei vini è un grande critico ed esperto. Il vino l’ha prodotto e poi ha creato un’azienda di export per far conoscere i piccoli produttori all’estero. «Avete una storia incredibile, caratteristiche di terroir e posizione geografica e climatica uniche. Oggi più che mai il consumatore ed il turista cercano qualcosa di mai visto. La gente vuole poter fare esperienza. Qui si fanno vini buonissimi e non c’è nulla da inventare: dovete solo recuperare una storia incredibile e usarla per proiettarvi nel futuro. Vedo che c’è passione e coraggio nei produttori. Certo sono investimenti che daranno frutto nelle prossime generazioni ma ripagano». Gelasio Gaetani, citando poi “il Biellese” che aveva messo in paragone i vini del territorio con i Borgogna, sprona i produttori: «Ora dovete proseguire con le degustazioni cieche invitando sempre la stampa internazionale. Sono convinto che potrà essere molto utile».

Il fotografo: Maurizio Galimberti
«LA MIA FOTOGRAFIA AL SERVIZIO DELLE ECCELLENZE ITALIANE»


«Sono un fan dell’Italia. Quando mi è stato presentato questo progetto sui vini ho subito aderito con entusiasmo pensando di poter dare il mio contributo» dice Maurizio Galimberti. Tra i più apprezzati fotografi contemporanei — ha esposto alla Biennale di Venezia e ha ritratto tra gli altri Madonna, Johnny Depp (copertina sul Times Magazine), George Cloney —, Galimberti ha trascorso due intense giornate a cogliere, con la sua Fuji istantanea, l’essenza dei vigneti di Langa e Biellese. «Le mie sono immagini oniriche. Voglio catturare la metafora del sogno». Espressione di una filosofia pop e fusion tra l’arte del Futurismo e quella di Duchamp, il maestro ha lavorato per i più prestigiosi marchi della moda e non solo. E’ celebre per la sua tecnica del mosaico, per l’utilizzo della fotografia istantanea e gli studi sulla luce. L’amore per il paesaggio italiano, nel 2003, lo ha portato alla realizzazione del volume “Viaggio in Italia” attraverso singole polaroid. Dieci anni dopo ritorna sul tema con il progetto “Paesaggio Italia/Italyscapes”, una mostra itinerante approdata anche a New York e divenuta un libro. Il lavoro di questi giorni nelle vigne è un ulteriore sviluppo del tema e una nuova testimonianza dell’amore di Galimberti per lo spirito dei luoghi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA