Ecco come sarà l’ex Upim vista da dentro
La presentazione del progetto e le prime visite: consegne entro settembre del 2026, undici alloggi e una villa sul tetto nel cuore di Biella
È ancora una scatola da riempire l’ex Upim di via Gramsci, le cui porte si sono aperte nella mattinata di giovedì per la prima volta dopo anni per presentare il progetto di riutilizzo che la trasformerà in palazzo Jacquard. Gli investitori però contano di fare in fretta: «Magari non in due o tre giorni come è accaduto altrove» ha detto Santo Crea, fondatore della Sagor & Partner, l’immobiliare con sede a Torino titolare del progetto. «Ma le speranze sono buone». Le parole chiave sono comodità, per essere a un passo da via Italia, e prestigio «perché non mi piace parlare di lusso» ha aggiunto Crea. Difficile però non accostare quel vocabolo alla villa sul tetto che occuperà l’intero ultimo piano dello stabile: 300 metri quadrati abitabili, 400 di giardino pensile con piscina e torretta-osservatorio con le vetrate che permettono di guardare il cielo. Nei due piani sottostanti gli alloggi saranno undici, di dimensioni e prezzi più abbordabili: si va dai bilocali da poco meno tra i 75 e i 79 metri quadrati a poco meno di 200mila euro agli appartamenti da 145 che possono arrivare a 391mila euro e spiccioli.
Per farsi un’idea di come saranno una volta completati, è stato realizzato un alloggio-modello al piano terra, già visitabile dagli aspiranti compratori. Ma a filo dei marciapiedi di via Gramsci e via Colombo ci saranno ancora negozi. Anche per quegli spazi è aperto il mercato: «Il vantaggio» sottolinea Santo Crea «sono le dimensioni. Possiamo offrire fino a 700 metri quadrati e in centro città non ci sono molte aree commerciali così grandi». L’immobiliarista ha anche parlato della rinuncia ai due precedenti progetti che riguardavano l’ex Upim. Per “Al Senter”, da lui definita «come una piccola Rinascente» con più marchi nello stesso spazio di pregio, tutto si è fermato considerando i costi e l’impegno necessari per la manutenzione e la gestione del progetto, lontana dai lavori abituali della sua impresa. Per la proposta di acquisto arrivata da un’azienda cinese che avrebbe rilevato l’intero spazio, Crea ha detto: «Ho detto no perché non mi sembrava corretto nei confronti della città. La proposta era arrivata da un gruppo cinese con cui già lavorato a Moncalieri per fare un grande bazar nel loro stile. Dopo un confronto con professionisti e amici ho deciso di rinunciare».
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