I protagonisti di “Educare agli affetti”
Sono ventidue i ragazzi di Sordevolo coinvolti nel progetto promosso dall’Ufficio Tutela Minori della Diocesi di Biellae curato dal Consultorio “La persona al centro”. A finanziare l’iniziativa i fondi dell’8 per mille
Si può educare agli affetti? È una delle domande alle quali prova a dare una risposta il percorso di educazione affettiva e sessuale dedicato ad adolescenti. Un progetto promosso dalla Diocesi di Biella - Ufficio Tutela Minori - e curato dal Consultorio “La persona al centro”, finanziato dall’8 per mille.
Il progetto, gratuito, è iniziato giovedì 22 novembre con un incontro di presentazione dedicato famiglie, insieme agli animatori e catechisti. I partecipanti sono 22 ragazzi del post Cresima di prima e seconda superiore, provenienti dall’oratorio di Sordevolo, gruppo coordinato da Padre Davide Di Pasquali. Il percorso prevede 6 incontri dedicati ai ragazzi e due ai genitori, uno all’inizio e uno alla fine. Nel mezzo le famiglie possono avvalersi di colloqui con i professionisti. Spiega Padre Di Pasquali: «È un’opportunità che abbiamo colto con piacere, consapevoli della necessità di sostenere i ragazzi in una fase delicata della loro crescita. L’affettività è un’emergenza, dovuta anche a un approccio frenetico da parte dei giovani, che ormai si sono abituati al “tutto subito”, anche a causa del progressivo avvento dell’era digitale. L’idea è che il percorso di crescita spirituale debba andare di pari passo con quello umano. Purtroppo i ragazzi non sono abituati a parlare di sessualità e affettività con le persone adulte, ancor meno con i propri genitori. Ecco perché crediamo che questa esperienza possa aiutarli ad aprirsi maggiormente. Non è stato semplice coinvolgerli e all’inizio c’è stato un po’ di scetticismo da parte loro, ma strada facendo si stanno dimostrando partecipi e interessati agli argomenti proposti».
Seguono il progetto le psicologhe e sessuologhe del consultorio familiare “La persona al centro”, di cui è direttore Gian Luca Greggio, Stephanie Barazzotto e Martina Carisio, con l’educatrice Manuela Marino Cerrato e la collaborazione della tirocinante Valentina Alì. Spiega Manuela Marino Cerrato, portavoce del gruppo di lavoro: «Il percorso di educazione sessuale e affettiva per i giovani della Valle Elvo pone le sue basi nella positiva esperienza dello scorso anno, realizzata nella parrocchia della Speranza di Cossato grazie alla collaborazione con don Alberto Boschetto e i giovani catechisti. Così, con il sostegno del dottor Greggio, abbiamo presentato un progetto alla Diocesi di Biella, con l’obiettivo di replicare quanto già sperimentato ma in una forma più completa, con più incontri e diversi operatori. Il percorso sull’affettività e sessualità che si rivolge ai giovani ha anche l’obiettivo di creare una positiva alleanza con le famiglie, infatti prevede una serie di incontri sia con i ragazzi sia con i genitori, per essere di supporto in questa fase tanto delicata quanto dirompente, sempre ricca di potenzialità, che è l’adolescenza. Il progetto è realizzato grazie al finanziamento dell’Ufficio Tutela Minori della Diocesi e all’otto per mille. La metodologia che applichiamo è frutto dell’integrazione tra diverse professionalità, sensibilità ed esperienze. Da una parte lo sguardo personalista del Teen STAR, un percorso internazionale di educazione affettiva e sessuale che accompagna le nuove generazioni attraverso un processo di progressiva conoscenza dei propri ritmi biologici, nella scoperta della bellezza e dell’armonia di un corpo fatto per la comunicazione e la relazione. Dall’altra agli insegnamenti di Alberto Pellai, psicologo e psicoterapeuta dell’età evolutiva e altri rinomati autori».
Il ciclo di incontri è iniziato con un momento di conoscenza reciproca, come rivela l’educatrice del gruppo: «Il primo step è stato proprio capire quali fossero le aspettative dei ragazzi, ascoltare le loro richieste e su di esse costruire un percorso comune. Un percorso che non si traduce in lezioni frontali, ma principalmente nell’accompagnare i ragazzi a porsi sempre nuove domande, invitando a trovare loro stessi le risposte, attraverso il confronto e la relazione, utilizzando anche giochi di ruolo e attività che li coinvolgano facendoli sentire veramente protagonisti dell’esperienza. Il lavoro di equipe permette di crescere non solo ai ragazzi ma anche a noi operatori, che scopriamo cose nuove rispetto alla nostra capacità di stare in relazione e di confrontarci con la differenza di cui l’altro è sempre portatore. È importante trovare un linguaggio comune, un alfabeto degli affetti capace di renderci tutti sempre più consapevoli di ciò che siamo, di ciò che proviamo e delle nostre scelte. A noi adulti la responsabilità educativa di restituire ai giovani “il senso del vivere”, ponendoci come figure positive e credibili per loro che stanno costruendo la propria identità personale. La tendenza di oggi è fortemente sbilanciata verso l’anaffettività, la scarsità di empatia, il narcisismo e la competizione, tutte condizioni che rendono ardua anche l’esperienza del gruppo dei pari. Criticità ben note, anche derivanti dalle opportunità del digitale, che offre tutto e subito enfatizzando le esperienze emotive svincolandole dalla relazione e privandole di qualsiasi tipo di responsabilità».
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