Il pellet prosegue l'impennata: un sacco da 15 kg sopra i 10 euro. Più del doppio di un anno fa. E c'è chi torna alla legna da ardere

Non solo caro gas. È pesantissimo il rincaro sul costo del pellet per il riscaldamento.  Riscaldare la casa per chi ha una stufa a pellet, infatti, costerà più del doppio rispetto a quanto speso nello scorso inverno. Conti alla mano è così.
Perché? Aiel, l’Associazione italiana energie agroforestali spiega cos’è successo, perché i prezzi sono aumentati così tanto e come mai è anche difficile trovare grossi quantitativi per rifornirsi. Le ragioni sono da ricercare in una serie di fattori: la guerra in Ucraina, l’embargo su Russia e Bielorussia, la dipendenza dell’Italia agli approvvigionamenti esteri. «L’unica soluzione strutturale è in politiche nazionali finalizzate a incrementare la produzione interna» commenta Aiel che per il combustibile legnoso più diffuso parla di "tempesta perfetta".
«Quest’anno il prezzo del pellet non ha seguito l’andamento usuale e fin dalla primavera si sono susseguiti forti aumenti che hanno portato il costo al dettaglio su valori almeno doppi rispetto a quelli registrati l’anno scorso nello stesso periodo. Si è anche aggiunta la difficoltà crescente dei rivenditori (e di conseguenza dei consumatori) nel reperire il pellet sul mercato». Ma a cosa sono dovuti questi aumenti?
«Si deve ricordare» spiegano da Aiel «che l’approvvigionamento italiano di pellet dipende dalle importazioni. In seguito all’aggressione militare russa, l’Unione Europea ha bandito le importazioni di legname proveniente da Russia e Bielorussia (che rappresentano il 10 per cento del totale del pellet). Indirettamente, le sanzioni economiche hanno comportato anche la riduzione di materia prima idonea alla produzione di pellet in Europa. Inoltre, le nazioni che si approvvigionavano maggior- mente da Russia e Bielorussia (Regno Unito, i Paesi baltici e quelli dell’Europa centro-settentrionale) hanno ridotto le proprie esportazioni per soddisfare i propri fabbisogni interni. Inoltre lo shock nei prezzi dell’energia ha spinto le grandi centrali nord-europee alimentate a biomasse, ad aumentare la produzione energetica da fonti alternative, più convenienti, intensificando l’approvvigionamento di pellet. Profonde difficoltà sconta anche la logistica di distribuzione delle merci, ancora afflitta dalle regolamentazioni e dalle conseguenze della pandemia (inclusa la scarsità di autotrasportatori). Eclatante è poi l’esempio dato dalla tratta sudamericana, per la quale il costo di movimentazione dei container via nave è aumentato in breve del 700 per cento, passando da 1.000 a 7.000 dollari a container.
«La buona notizia è che in Italia si registra un nuovo e recente interesse per l’insediamento di nuovi impianti locali di produzione di pellet. L’avvio di politiche nazionali volte ad aumentare la produzione sarà quindi fondamentale per ridurre le dipendenza dalle importazioni estere».
Intanto però il pellet (un sacco di 15 chili) è balzato in pochissimi mesi da un range compreso tra 4,50 e 5,50 euro a uno tra 9,50 e 10,50 euro. Questo fino alle fine di agosto. Da settembre un'ulteriore crescita di 1 euro e c'è chi parla di un prezzo di 13-14 euro a novembre. In Parlamento al riguardo sono stati presentati due emendamenti al decreto legge Aiuti bis. Il primo punta a ridurre strutturalmente l’Iva sul pellet dal dal 22% al 10%; il secondo propone una riduzione temporanea ed eccezionale dell’imposta al 5%. Al momento però, con le stufe a pellet che solo negli ultimi due anni sono aumentate in maniera vertiginosa nelle case degli italiani, il costo del combustibile diventa un vero salasso per le tasche. Solo l'idea delle bollette alle stelle blocca tanti dal tornare ad accendere gli impianti a gas. E per chi può torna in voga la legna da ardere che non subisce la difficoltà di reperimento e nell'ultimo anno ha avuto un aumento contenutissimo nell'ordine di 50 centesimi su un prezzo base di 12-13 euro al quintale. Anche qui però in prospettiva si parla solo di aumenti.

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