Il rifugiato: «L’America? No, ho trovato l’Italia»

Al focus sull’immigrazione di Osservabiella la storia di Moussa Maiga, scappato dai ribelli in Mali e oggi con una nuova vita

«Tutti mi dicono che ho trovato l’America. No, ho trovato l’Italia»: orgoglio e gratitudine si sono mescolati nelle parole di Moussa Maiga, arrivato dal Mali dopo quello che lui stesso ha definito “calvaire”, un calvario, per stabilirsi nel Biellese con la moglie e la figlia. Il suo racconto ha chiuso la mattinata di lavori che Osservabiella, l’osservatorio sui bisogni e sul benessere del territorio, ha dedicato all’immigrazione. Si è parlato molto di dati, di politiche di accoglienza, di buone pratiche di cui la provincia è ricca. Ma se è vero quel che ha detto Alberto Torchio della cooperativa Tantintenti, e cioè che «per far comprendere questo fenomeno a chi si informa su Retequattro l’empatia è più utile delle cifre», la testimonianza a tutto tondo di chi ha vissuto sulla sua pelle tutto, dalla fuga alla paura, dalla schiavitù alla rinascita, è stata un’emozione preziosa e indispensabile.«La mia vita è cambiata il 1 aprile del 2012» ha raccontato. A Timbuktu, la sua città natale, sono entrati i ribelli, ad armi spianate e senza remore a usarle. A Moussa Maiga hanno ucciso il padre, insegnante di storia, e la madre, professoressa di matematica: «Le hanno sparato mentre andava in bagno, che nelle nostre case è fuori. Siamo scappati, io e mia moglie, senza sapere dove. Abbiamo chiesto un passaggio. Abbiamo scoperto di essere arrivati in Burkina Faso. E qui l’ho persa». Moussa Maiga ha proseguito il viaggio da solo, arrivando fino in Libia. Quello che c’è stato da lì in avanti potrebbe essere familiare a chi ha visto il film “Io capitano”: «Sono stato in prigione, ho cercato lavoro, qualcuno mi ha comprato e siamo finiti in una casa dove c’erano cinquanta persone. C’era violenza, c’erano risse» ha spiegato in poche parole, nel suo italiano semplice dietro cui, forse, ha nascosto i dettagli più terribili. «Lì le persone si comprano» ha aggiunto. E la sorte ha deciso che finisse nelle mani di un “padrone” più umano degli altri: ha ascoltato la sua storia e un giorno gli ha suggerito dove andare per partire verso l’Italia, il desiderio di tanti. «Sono arrivato a Catania» ha detto «e da qui a Cascina Aurora a Cossato. Con i soldi del pocket money, ho risparmiato e ho comprato un telefono cellulare. Mi sono iscritto a Facebook e ho cercato mia moglie». Era il 2016: si erano persi di vista da anni. Quando l’ha trovata, grazie al suo profilo social, ha scoperto che era tornata in Mali e viveva a Bamako, la capitale. Ed è qui che il sistema dell’accoglienza biellese ha dato il suo meglio: «Gli operatori dello Sprar mi hanno aiutato a trovare lavoro, a trovare una casa, ad avere tutti i documenti a posto per il ricongiungimento familiare». Missione compiuta, perché sul palco di palazzo Gromo Losa Moussa Maiga era accompagnato dalla moglie Aissata Toure, arrivata nel 2000. E con lei c’era anche la figlioletta, nata nel Biellese dove la gentilezza e la generosità non si sono mai fermate: «Se si guarda la tv si ascoltano persone che dicono “loro... loro” quando parlano dei migranti. Ma qui le persone sono brave. Quando avevo una casa ed era vuota, mi hanno regalato i mobili. Qualche giorno fa mi hanno riempito la macchina di cose, così tanto che quasi non c’era più spazio per mia figlia». Poi l’ha guardata, mentre la piccola giocava con la moglie e con Sara Diritti della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, la moderatrice della mattinata: «La vita mi ha tolto le due persone più importanti e me ne ha regalate altre due».

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