La monetina di Ör ritrovata a Coggiola ha 2 mila anni

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«La monetina in bronzo con il suo soldato in marcia sta bene ed è in fase di restauro nei laboratori della Soprintendenza archeologica del Piemonte orientale». Ormai è sicuro che si tratti di un sesterzio romano. L’imprenditore agricolo Enrico Covolo, dopo il sorprendente ritrovamento di novembre a l'Ör, quasi a bordo strada, continua a seguire la sorte del “suo” reperto che risale almeno a 2mila anni fa.
«Appena l’ho trovata, durante il solito giro per la pulizia delle rive, ho avvisato la Soprintendenza perché questo piccolo oggetto potrà raccontare un pezzo di storia della nostra terra, storia di cui sappiamo veramente poco».
La moneta, che mostra un guerriero da un lato, una testa coronata e alcune lettere dall'altro (poco visibili in foto), è stata affidata a tecnici esperti nella sistemazione di monete antiche. «Dopo la consegna» continua Enrico Covolo «ho chiesto alla Soprintendenza di tenermi al corrente sui risultati delle analisi. E così sta avvenendo».  La moneta in bronzo non è l’unico ritrovamento lungo le sue preziose terre da zafferano. Continua Covolo: «La funzionaria della Soprintendenza è venuta a Coggiola anche per recuperare un frammento di pentola ollare. L’ho ritrovato al Prà, ad una profondità di circa mezzo metro, mentre scavavo un buco per piantare un castagno. Non è un ritrovamento inusuale, ma conferma a Coggiola la presenza di insediamenti già nel Medioevo, tra il 1200 e il 1300». Una parte  esterna della pietra ollare è completamente annerita dal fumo (foto a destra), e i due buchi servivano per sostenere la pentola sopra al fuoco. Conclude l’imprenditore: «Sono due ritrovamenti importanti per la storia antica del nostro paese. Li ho consegnati volentieri alla Soprintendenza, sia per senso civico sia nella speranza che possano indurre gli storici a soffermarsi con più particolari sulla storia della Valsessera». Continuerà a cercare? «Non con l’intenzione di farlo» risponde «Mi limito a curare  le piante e il verde del territorio. Ma mi piace pensare che siano stati questi due reperti a cercare me».
DONATA BELOSSI

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