L'addio a Ratzinger. La testimonianza: il sacerdote biellese che ha vegliato sul corpo del Papa
Padre Maurizio Botta è un padre filippino che da diversi anni vive a Roma. Lo abbiamo incontrato nella sede della congregazione alla Chiesa Nuova in Valliccella la vigilia delle esequie di Papa Benedetto XVI. Gli abbiamo chiesto se avesse già avuto modo di andare a rendere omaggio a Papa Benedetto.
«Ho avuto un dono immenso venuto dal cielo proprio il 31 dicembre, il giorno del trapasso. Avendo celebrato il matrimonio del figlio del medico del Papa, dottor Polisca, alla madre del ragazzo è venuto in mente di chiedermi se avessi voluto vegliare sulle spoglie del Pontefice, al Monastero Mater Ecclesiae dove viveva da circa 10 anni. Così ho vegliato la notte del primo gennaio, dall'una alle due, e poi ancora la notte successiva.
Padre, in questi anni ha avuto molte occasioni di incontrare il Papa Benedetto XVI. Che ricordi ha?
È il Papa del mio sacerdozio. È stata un’occasione inimmaginabile essere al monastero Mater Ecclesiae a pregare per lui. Ricordo che quando ero venuto a Roma per il diaconato avevo avuto una sorta di segno: ero in via della Conciliazione con padre Rocco, attuale proposito della congregazione, e passò un’auto. C’era il papa e ci sorrise dandoci la sua bene- dizione. Poi ho avuto modo come sacerdote del clero romano di partecipare agli incontri quaresimali e ho dei ricordi davvero lieti, sereni e luminosi. C’era un affetto straripante da parte dei sacerdoti verso di lui. Già durante il pontificato coglievo questa discrepanza tra realtà e medianicità, tra realtà e quello che veniva riportato dai giornali.
Perché?
Non saprei. Un titolo come “Pastore tedesco” (con cui titolò il Manifesto il giorno dopo l’elezione, ndr), chi se lo dimentica? Ho poche risposte. Da parte di una certa stampa c’è stata una certa pigrizia, oso dire anche una disonestà intellettuale, una visione ideologica preconcetta. È stato etichettato: è un intellettuale, è freddo, è lontano dalla gente, non è amato, è lontano dalla realtà. Tra le poche concessioni? L’essere un grande pensatore. Stop. Ma la realtà è assolutamente diversa. Alle udienze, agli Angelus, era palpabile il calore e il suo affetto. Mi ha sempre colpito il suo sguardo penetrante. Quando eri davanti a lui avevi la percezione di esserci tu e basta. Uno sguardo personale, buono, mite e umile. La sua dolcezza era reale. Il suo medico mi ha detto fino all’ultimo di questa semplicità, innocenza quasi da bambino nella capacità di guardare alle cose e stupirsi. Questa profondità spirituale, intellettuale e teologica, una capacità immediata di stare vicino alle persone e di cogliere le cose belle della vita: ecco le note che lo contraddistinguevano. Davvero un uomo semplice. Gli piaceva l’aranciata, era un cultore della buona birra e quando venivano i suoi amici bavaresi si divertiva.
Quali altri ricordi ha?
L’ultimo incontro che fece con noi, clero romano, in Aula Paolo VI. Mi attendevo ci spiegasse le ragioni della sua rinuncia. Invece fece una magistrale lezione sul Concilio Vaticano II. Declinò con una chiarezza unica il vero senso del Concilio. Benedetto sosteneva che c’è stato un Concilio reale e uno mediatico e che ha vinto quello mediatico. La potenza mediatica ha condizionato l’andamento del Concilio ed è questo che ha fatto così male alla Chiesa. Di ciò sono profondamente convinto anche io. Un esempio? Nel Concilio si dice che la lingua della Chiesa è il latino. E il Concilio prevede una messa in latino, naturalmente. Il Gregoriano è il canto della Chiesa. Nel documento conciliare Dei Verbum, che lui citò in quell’udienza, non ci sono esitazione dal punto di vista cristologico, trinitario: è perfetta. Invece il Concilio mediatico ha provocato sofferenze gravi. Così come c’è stato un Concilio reale e un Concilio mediatico c’è stato un Benedetto reale e uno travisato dai media.
Lo ha incontrato anche da Papa emerito?
È stato un altro grande dono. Ho celebrato la messa con lui al Monastero. Non mi aspettavo una tale semplicità. Alla fine quando seppe che ero di Biella con quel sguardo buono e intelligente disse: “I piemontesi o santi o massoni”. Poi ci mettemmo a ridere.
In un’intervista il cardinal Christop Schönborn ha dichiarato che Benedetto potrebbe essere un nuovo Dottore della Chiesa. Cosa ne pensa?
Spero che la Chiesa recuperi quella saggezza che ha sempre avuto, quella della lentezza. Sarà la storia a dirci se Benedetto sarà Dottore. Sarà il sensus fidei. Ci vorrà tempo e lo dico io che lo amo profondamente. Non c’è fretta. Del resto i semi che ha gettato sono tanti e pro- fondi e non resta che vedere crescere i frutti. Che già stanno crescendo come testimonia l’affetto della gente accorsa a Roma... Questo è il primo fatto. Si è detto che era freddo e lontano dalla gente, i fatti lo smentiscono. Bisogna urlarlo sui tetti. La narrazione mediatica era lontana dalla verità. Tutti sono rimasti stupiti dalle migliaia di persone arrivate a Roma in questi giorni per rendergli omaggio. Ho fede, credo nel sensus fidei, nel popolo di Dio.
In questi anni in tanti hanno voluto strumentalizzare Benedetto. Cosa ne pensa?
Padre Georg che gli è stato vicino ha espresso più volte il pensiero del Papa emerito e che di Papa ce n’era solo uno, Papa Francesco. Dobbiamo ringraziare di avere Papa Francesco perché oggi, con il suo stile, i suoi modi, il suo vissuto ci apre a orizzonti nuovi. A me Papa Francesco sta aiutando molto: lo sguardo di un cattolico che vive in una baraccopoli a Buenos Aires e rimane cattolico è diverso dallo sguardo di un italiano o di un europeo. Francesco ci ha liberato dalla centralità del mondo europeo occidentale, da questa assolutezza. Abbiamo visto il crollo del comunismo, ma ora mi sembra che stiamo assistendo a una putrefazione del sistema capitalistico, di un certo capitalismo che è quello che ha portato alla cultura dello scarto di cui parla il Papa. Io credo che questo sia un insegnamento fondamentale. Forse c’è voluto più tempo la ma virulenza di questa ideologia del capitalismo è forse superiore a quella del comunismo. Guardiamo alle parole e di Gesù: il vero antagonista di Dio è presentato come l’idolo del denaro. Non si possono avere due padroni, o Dio o il denaro e se ami il secondo odierai Dio. Tornando alla domanda: il Papa è il Papa. E oggi è importante avere figure di equilibrio e di moderazione. Dire il proprio amore per Benedetto, la propria stima e affetto non vuole dire essere contro Papa Francesco.
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