L’avvocato biellese Giovanni Rinaldi, con alcuni colleghi, fa causa alla Germania per risarcimento per la deportazione degli internati italiani

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Dopo le vertenze al Governo, al Ministero dell’Istruzione, al Ministero dell’economia e delle Finanze e a diversi enti locali, l’avvocato Giovanni Rinaldi con i colleghi Nicola Zampieri, Walter Miceli e Fabio Ganci, mette nel mirino la Germania. L’avvocato biellese e gli altri colleghi vogliono far valere la responsabilità extracontrattuale da fatto illecito (crimine di guerra contro l’umanità) della Germania e chiedere il risarcimento dei danni arrecati dai militari del Terzo Reich, con la cattura e riduzione in schiavitù dei cittadini italiani, deportati in Germania durante la Seconda guerra mondiale, per essere utilizzati quale mano d’opera non volontaria al servizio di imprese tedesche. L’8 settembre 1943, successivamente alla proclamazione dell'armistizio dell'Italia, i soldati e gli ufficiali italiani vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere deportati nei campi di prigionia in Germania. Solo il 10 per cento accettò l’arruolamento. Gli altri vennero disarmati e pre- levati a forza dalle truppe del Terzo Reich per essere internati nei campi di prigionia controllati dall'apparato militare germanico, i cosiddetti “Oflag” (campi per gli ufficiali) e “Stalag” (campi per sottufficiali e truppa). In questi campi vennero impiegati come manodopera coatta in mansioni proibite dalle convenzioni internazionali e sottoposti a durissime condizioni di prigionia. Ai militari italiani rastrellati e inviati in Germania in seguito all’occupazione nazista in Italia, non fu riconosciuta la qualifica di prigionieri di guerra, ma quella di “internati militari Italiani”, con conseguente esclusione dell’assistenza e tutela offerta dalla Croce Rossa Internazionale di Ginevra. Benché nell’agosto del 1944 il loro status fosse stato formalmente tra- sformato in lavoratori civili, in possesso del lasciapassare per i lavoratori stranieri (“Vorläufiger Fremdenpass”), le loro condizioni di vita non migliorarono fino alla caduta del Terzo Reich.
I 600mila internati militari italiani non furono i soli italiani nei campi di concentramento e di lavoro nazisti. La condizione peggiore fu riservata agli 8.564 deportati per motivi razziali (quasi tutti ebrei), che furono condotti a morire ad Auschwitz e di cui solo in piccola parte furono selezionati per il lavoro coatto (ne moriranno 7.555, quasi il 90%). Ad essi si aggiungono almeno altri 23.826 deportati politici italiani (22.204 uomini e 1.514 donne), che furono condannati a morire di sfinimento attraverso le durissime condizioni di lavoro (ne morranno 10.129, circa la metà). Il tribunale di Venezia (in una causa patrocinata dall’avvocato Nicola Zampieri) potrebbe decidere la causa già il 29 settembre, ma la situazione è in rapida evoluzione. Il risarcimento che spetterebbe, naturalmente agli eredi, consisterebbe nel danno patrimoniale (retribuzioni non corrisposte per il lavoro coattivamente prestato, pari alla retribuzione prevista per i prigionieri di guerra, al riguardo il Tribunale di Torino ha già riconosciuto 8mila euro per 20 mesi di lavoro forzato), nonché nel danno non patrimoniale (il Tribunale di Torino ha attribuito 20mila euro a titolo di risarcimento, a fronte di una prigionia di quasi 20 mesi, mentre la Corte di Appello di Firenze ha condannato la Germania a versare ben 30mila euro per una detenzione di circa 9 mesi). La Giurisprudenza ha già accolto le tesi oggi sostenute dal pool di legali (vedi il tribunale di Torino del 20 maggio 2020, ma anche i tribunali di Bologna, Firenze e Roma).
«La Corte di Cassazione» dice l’avvocato Giovanni Rinaldi «ha riconosciuto la sussistenza della giurisdizione del Giudice Ordinario Italiano, l’imprescrittibilità del diritto al risarcimento del danno, dato che secondo la norma consuetudinaria internazionale la non prescrittibilità dei crimini di guerra contro l’umanità deve reputarsi applicabile anche ai crimini compiuti nei confronti degli internati, nonché l’applicazione della legge italiana in tutti i casi in cui il militare italiano sia stato catturato in Italia». Prosegue Rinaldi: «La novità importantissima e a molti sconosciuta è costituita dal fatto che l’articolo 43 del decreto legge numero 36 del 2022 - convertito poi in legge -, nell’istituire un apposito fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità, compiuti dalle forze del Terzo Reich tra il settembre 1939 e l’8 maggio 1945, ha introdotto un termine di decadenza di soli 120 giorni per l’avvio di nuove cause di risarcimento. Dal 28 ottobre 2022 inoltre non sarà più possibile rivolgersi ai giudici per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della deportazione nei campi di concentramento e detenzione del Terzo Reich, trasformando quindi un’azione imprescrittibile, che poteva essere proposta dai militari deportati in Germania senza alcun limite di tempo, in una domanda esperibile in giudizio entro il 27 ottobre. Dopo quella data gli eredi dei militari che non si sono rivolti al giudice per fare valere i danni subiti dal proprio familiare, non potranno più rivendi are alcun ristoro per i crimini di guerra subiti».

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