La storia dei quattro bambini ritrovati vivi nella foresta amazzonica colombiana dopo più di quaranta giorni fa intenerire quanto riflettere. In una settimana in fatto di notizie di cronaca ancora una volta compromessa dalle storture di una società nostra che ci lascia attoniti e increduli, le immagini dal Sudamerica aprono un mondo diverso. Lontano dalle app, dalla tecnologia, dai social, ma vicina al cuore, al coraggio e alla forza.
Tutto incredibilmente bello come le storie con il lieto fine, dopo che questa dalle latitudini amazzoniche era partita con il drammatico schianto di un velivolo e la morte della madre dei bambini. Ne faranno un film, o più probabilmente visti i tempi, una serie su Netflix. Ma prima che la vicenda possa essere in qualche modo inquinata dai ritmi incalzanti delle stagioni della moderna tivù, sarà il caso di pensare in una chiave più nostra alla storia eccezionale.
Per noi abituati a non cavarcela neppure per andare da una parte all’altra della città, sapere che quattro bambini hanno superato l’esame delle notti della foresta e sfidato la paura di tutto e tutti è in qualche modo un invito a pensare. Senza fuggire dal presente, dal futuro e dalla modernità, ma sapendo che quei quattro sembra se la siano cavata anche grazie agli insegnamenti della nonna. Già, quelli che sarebbe bello potessimo riscoprire anche noi.
In quanto a loro spero non scoprano troppo della società nostra. Altrimenti potrebbe finire come nel libro della giungla con il ragazzo selvaggio Mowgli. Vale a dire che chiedano di tornare nella foresta.
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