Avete presente il collega di lavoro che ha la vostra mansione, stesso orario e “anzianità”, alla scrivania di fianco? Quello che non avete mai visto di buon occhio perché pensate lavori meno di voi e siete voi a sbrigargli le cose? Quello che a due minuti dalla fine dell’orario è già pronto a scattare verso casa sul modello dell’ufficio del ragionier Ugo Fantozzi, dove “l’uscita dal lavoro aveva lo stesso rituale della partenza dei 100 metri di una finale olimpica”? Quello arrivato dopo e che fa sempre i ponti migliori? Che va in bagno venti volte? Che ha il computer girato da furbo? Che un po’ di mutua per un pericolosissimo raffreddore la fa? Quello pure antipatico, magari strafottente, opportunista e leccapiedi?Ecco, dai, tutti in ufficio o nel dipartimento vicino uno o una così ce l’avete o ce l’avete avuto. O statene certi ce l’avrete. E siete pure sicuri che abbia uno stipendio più alto, immeritato, solo perché è un vecchio amico del capo o per quale altro intrallazzo che al pensiero fa torcere le budella dal nervoso. Bene, potrete togliervi ogni dubbio e smascherare il fortunello. Ve lo consentirà la svolta dell’Unione Europea sul segreto salariale che dal giugno 2026 non sarà più tale nell’ambito del principio di parità di retribuzione tra uomo e donna. Ogni lavoratore potrà conoscere lo stipendio del collega che svolge le stesse mansioni. Lo chiamano diritto all’informazione. La nuova norma prevede anche che potrà esserci una richiesta di risarcimento in caso di accertata discriminazione. Se poi quel recupero del danno arriverà e in quanto tempo è tutta un’altra storia. E in quell’attesa, senza certezza e lunghissima prevedibilmente, consumati da “sapevo prendesse di più, ma così no” e con il mal di stomaco invincibile anche al Maalox, verrà il dubbio che sarebbe stato meglio continuare a sospettare e a non sapere. In Italia di solito funziona così.
© RIPRODUZIONE RISERVATA