Per un attimo ho pensato fosse il segnale che qualcosa stava cambiando. Poi ho capito che era solo il segnale di Dazn che non c’era.
Nel giorno dei 101 contrassegni politici, tra schieramenti, coalizioni, fronti e chi più ne ha ne metta in vista del voto del 25 settembre, è bastato un codice errore della preDiletta piattaforma digitale del nostro calcio, secondo l’ultima asta di un anno fa sui diritti televisivi, per promuovere ciò che in politica non vedremo mai. D’incanto, in nome del gol, è nato il supermega partito, come avrebbe detto il Fantozzi. Mai la politica dall’avvento della Repubblica si era mostrata così compatta. Tweet da destra a sinistra pronti a sfidare con coraggio l’uso del congiuntivo, inequivocabili. Non c’erano scusanti o giustificazioni, silenzi o attese, tutti uniti, dritti al punto per il bene del paese. E tutti pronti a dirlo. Quasi impossibile da vedere, un po’ come Dazn di ieri l’altro. A pensarci sarebbe bello che dai banchi del Parlamento, in ferie e pronto a qualche sverniciata di Bostick, una così unanime visione e azione uscisse anche su altri temi più cari magari alle tasche degli italiani. Per quanto l’abbonamento di Dazn non sia trascurabile, è pur sempre una scelta meno obbligata e necessaria dell’elettricità e del gas.
La vicenda è l’ennesima dimostrazione di come il segnale dalla politica ci sia quando non serve. Però in fondo per un giorno è stato bello vederli tutti d’accordo, da Calenda a Berruto della segreteria del Pd a Salvini solo per citarne alcuni. A pochi giorni dalla campagna elettorale che per il suo via ufficiale potrebbe usare uno slogan del tipo… al mio segnale scatenate l’inferno! Quello a cui ci hanno sempre abituato, di attacchi e spaccature, di liti e interessi poco comuni. Altro che Dazn.
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