Parole - Omicidio di Chiavazza. Oltre le apparenze, è questo il difficile

Quando la Scientifica lo restituirà, quel cassonetto dell’orrore dovremo prenderlo per ripulirlo da un drammatico senso di macabro, che il corpo senza vita di un giovane papà gli ha dato, ma anche per svuotarlo da giudizi e pregiudizi, luoghi comuni e commenti che storie così si portano appresso. Già, perchè la storia di Chiavazza non è facile, non è di quelle facili. E l’evidenza delle televisioni nazionali, il tam tam social, come le pagine dei giornali di tutta Italia non aiutano ancora una volta a fare uno sforzo in più e a capire. Servono solo a urlare più forte un senso di disagio e difficoltà che è sempre più facile tenere ai margini, proprio come quella realtà difficile in cui si è consumato il fatto.
Perché capire, o almeno provare a comprendere, potrebbe essere il modo giusto, in un mondo troppo spesso sbagliato, per dare un senso differente a vicende per le quali ci sentiamo sempre in obbligo di giudicare e quasi mai, almeno, di sapere prima di farlo. Quella del triste sabato sera di Biella non dovrebbe finire per essere solo droga o spaccio. Sarebbe troppo facile riassumere tutto così, pensando che i problemi e le difficoltà stiano sempre a casa d’altri. È in questo contesto che dietro all’urlato della notizia la riflessione che prova a ridare vita a Gabriele Maffeo passa attraverso uno sforzo grande che, come racconta il fratello della vittima, dovrebbe andare oltre alle apparenze. Senza, sia chiaro, ribaltare una storia, ma solo per provare a capirla diversamente.
Finire morto in un bidone dell’immondizia non dovrebbe succedere, ma essere materia solo per la sensibilità, lontana dal troppo facile verdetto che sta dietro ad un colpo di tastiera o a un touch sul cellulare. In alternativa c’è sempre il silenzio o il conforto, come per fortuna in molti hanno fatto. Perché stabilire chi è bravo o cattivo, senza sapere, è davvero complicato ovunque. Figuriamoci su Facebook.

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