Scandalo So.cre.bi., negato il dissequestro del tempio crematorio

A chiederlo nei giorni scorsi erano stati i legali della famiglia Ravetti che controlla la società che aveva realizzato il tempio e lo gestiva dall’apertura. La Procura si è opposta e il giudice per le indagini preliminari le ha dato ragione
La chiusura delle indagini da parte della Procura sullo scandalo degli abusi al tempio crematorio non porta con sé il dissequestro dell’impianto comunale costruito in financial project da Soc.cre.bi., società controllata dalla famiglia Ravetti, che ne avrebbe dovuto avere in capo la gestione per 30 anni. I legali di So.cre.bi. nei giorni scorsi infatti avevano presentato istanza perché venissero tolti i sigilli e l’impianto potesse tornare operativo restituendo alla città un servizio importante. A questa istanza si è però opposta la Procura. A confermarlo è lo stesso procuratore capo Teresa Angela Camelio che ha seguito sin dall’inizio il caso. Un’opposizione ben motivata, quella del Terzo piano di via Repubblica, dal parere di autorità amministrative. A questi rilievi deve essersi conformata la decisione del Gip (Giudice per le indagini preliminari) che ha respinto il dissequestro. Quali le ragioni che spingono a mantenere i sigilli all’impianto? Probabilmente si tratta più che altro di ragioni d’opportunità non avendo il Comune di Biella ancora trovato il modo di revocare il contratto di gestione del tempio a So.cre.bi. Ora il dissequestro ne comporterebbe il quasi certo il riaffidamento alla stessa società facente capo ancora alla famiglia Ravetti sui cui componenti pesa una richiesta di rinvio a giudizio per reati che vanno dalla violazione di sepolcro, a falso, truffa e a reati specifici ambientali. «Come Comune stiamo studiando il dossier per estromettere, in punta di diritto, So.cre.bi. dall’impianto» dice intanto l’assessore Fulvia Zago.
Sempre sul caso del forno crematorio oggi viene smentita da Codacons la notizia circa la richiesta di archiviazione delle 500 querele presentate dall'associazione. Gli avvocati Stefania Grupallo e Anna Lisa Sola, osservano: «Nessuna richiesta di archiviazione è stata notificata ai 500 querelanti, assistiti dall’Avv. Alessandra Guarini, legale incaricato dalle sedi Codacons di Biella e Vercelli, per il caso forno crematorio. La Procura ha autorizzato la rimozione dei sigilli per poter ispezionare le urne e Codacons, tramite il consulente incaricato, Generale Luciano Garofano, procederà ad un preliminare esame visivo, onde accertare cosa sia contenuto nelle urne, la compatibilità del peso con un processo completo di cremazione e se insieme alle ceneri sia stata mischiata sabbia o altro. L’esame DNA, qualora siano rinvenuti frammenti di ossa o denti contenenti materiale genetico sufficiente, sarà eventuale e successivo ma decisamente possibile, secondo le più recenti tecniche scientifiche. La richiesta di archiviazione riguarda esclusivamente le tre denunce querele presentate da Codacons Lombardia che si opporrà in autonomia e nei termini di legge all’archiviazione delle stesse».

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