Slow Fiber: tessile pulito e giusto

Era necessario un atto di volontà per ripensare solo a ciò che si mangia ma pure a come ci si veste. Così da una costola di Slow Food che predica il buono, pulito e giusto, è nata Slow Fiber. E con il manifesto delle “Fibre Lente” è nata un’alleanza che applica i medesimi concetti all’abbigliamento, aggiungendo alle tre parole-slogan altre due voci fondamentali: sano e durevole. Presentata lo scorso settembre in occasione di Terra Madre Salone del Gusto, la rete di aziende virtuose della filiera tessile che vuole rappresentare il cambiamento positivo attraverso processi produttivi più sostenibili, rispettosi della dignità dell’Uomo e della Natura nel suo delicato equilibrio, è diventata operativa nella primavera scorsa (il 9 maggio) e ora è impegnata a continuare il percorso sempre più forte e solidale. L’obiettivo principale è quello di promuovere sostenibilità e trasparenza, concetti che con grande orgoglio la comunità condivide con un numero in crescita di aziende in linea con i valori e la missione della Chiocciola (verde in questo caso).
«Siamo felici di come sta prendendo piede Slow Fiber» commenta la vice- presidente Elena Schneider. «C’è gran- de interesse a entrare nella rete da parte delle imprese della filiera tessile e arredamento e ora è venuto il momento di coinvolgere anche il consumatore finale: per questo in settembre avvieremo una campagna sui social, Facebook, Instagram, Linkedin, per fare capire meglio cosa facciamo e perché è nata Slow Fiber. Chi aderisce si misura su parametri  tecnici, ambientali e sociali e in funzione della posizione sulla filiera che occupa. Si entra solo se si è in linea con i nostri protocolli. Non siamo un ente certificatore ma ci stiamo strutturando affinché sia poi un ente terzo a supervisionare ogni adesione. Del resto chi abbraccia la nostra filosofia già è in sintonia con il nostro modo di produrre». Slow Fiber oggi è operativa nella cate- na produttiva nazionale, vuole difendere il made in Italy, ma l’obiettivo è quello di arrivare a costruire una filiera virtuosa senza confini, un’operatività condivisa e tesa a un futuro migliore per l’industria che possa approdare ai brand della moda e del mobile. Il fine ultimo, però, è pure quello di divulgare e di sollecitare in chi acquista la consapevolezza dell’impatto che l’abbigliamento (soprattutto il fast fashion ma non solo), ha sull’ambiente e di conseguenza su tutti gli abitanti del Pianeta.
«Una nuova etica e una nuova cultura del vestire e dell’arredare. Per questo è importante la comunicazione. Vogliamo dare informazioni e spunti di riflessione “in pillole” sulle fibre tessili, sui prodotti finali, sul loro riciclo e smaltimento, esattamente come fa Slow Food con il cibo. A settembre nascerà un sito dove ogni azienda si racconterà. Dove spiegheremo come comprare e leggere un’etichetta, come interpretare la storia di un capo, come evitare di sprecare e di lasciarsi sedurre dall’iperconsumo». Slow Fiber del resto non è nato per caso. Il presidente Dario Casalini, torinese, imprenditore tessile di Oscalito e professore universitario (autore del libro Vestire buono pulito e giusto per una moda sostenibile) ha incontrato Elena Schneider, biellese, imprenditrice tessile e vicina a Carlin Petrini con il quale ha condiviso un percorso lavorativo a servizio del buono pulito e giusto. Dalla contaminazione di saperi, dalla cura e dall’attenzione, ma soprattutto dalla passione per il Bu  pulito e giusto, è nato il Manifesto.

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