Trapianto da vivo per ricostruire un legamento: prima volta in Italia. Lo ha eseguito un biellese
Un intervento unico in Italia. E a effettuarlo è stato un ortopedico biellese, Mario Formagnana. È successo all’ospedale di Pinerolo, nella struttura di ortopedia diretta da Sergio Ronco, dove Formagnana lavora da alcuni anni. Classe ‘84, dopo la laurea in medicina a Pavia e la specializzazione in ortopedia sempre a Pavia, Formagnana ha lavorato in alcuni ospedali lombardi, oltre che in quello Biella, e vanta anche esperienze come ricercatore a Barcellona. L’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore del ginocchio, ricorrendo, per il trapianto, alla donazione da vivente è stato eseguito su un ragazzo di 14 anni. Il donatore era il padre ed è stata appunto la prima volta assoluto a livello italiano. La tecnica era già stata utilizzata con successo in Australia e in Spagna, proprio a Barcellona. L’équipe di ortopedia dell’ospedale di Pinerolo sta ora mettendo a punto un protocollo sulla procedura, sottoposta al centro nazionale trapianti, così che possa essere condiviso con altri centri specializzati e adottato a livello nazionale.
Formagnana ha eseguito l’operazione con il collega Simone Perelli dell’Icatme, Istituto catalano di traumatologia dello sport di Barcellona, e il coordinamento del primario di ortopedia Sergio Ronco, insieme alle équipe delle sale operatorie di Pinerolo. Il tutto in collaborazione con il Centro regionale trapianti.
Il medico biellese ha rilasciato alcune dichiarazioni all’Ansa regionale: «Abbiamo eseguito l’intervento in contemporanea su due sale. In una abbiamo prelevato i tendini al padre e nell’altra li abbiamo usati per ricostruire il legamento crociato al figlio». Finora in Italia venivano utilizzati per la ricostruzione o tendini autologhi, cioè propri, oppure tendini provenienti da donatori deceduti e distribuiti dalle banche dei tessuti. Questi ultimi nei pazienti adulti consentono un ottimo risultato, mentre nei pazienti pediatrici hanno dimostrato un tasso di fallimento alto, che spesso ne sconsiglia l’utilizzo. Meglio dunque l’autotrapianto, anche se come ha sottolineato sempre Formagnana «nei pazienti pediatrici spesso i tendini sono troppo piccoli. Il nostro paziente era un ragazzo di 14 anni ancora in fase di crescita, l’intervento andava eseguito con tecnica pediatrica, ma il ragazzo mostrava caratteristiche antropometriche tali da prevedere che un autotrapianto di tendini sarebbe stato, per dimensioni, insufficiente. Per questo motivo, abbiamo deciso di utilizzare i tendini del padre». I tendini da donatore vivente, se accuratamente selezionato, si comportano come i propri, in termini di efficacia, e provenendo da un adulto maschio, sono più grandi e di dimensioni congrue ad assicurare il buon esito dell’operazione. Il follow up sta confermando il successo dell’intervento: il donatore è completamente guarito, senza alcun tipo di esito o conseguenza, e il ragazzo cammina senza stampelle e sta bene, come in un normale post operatorio di ricostruzione ligamentosa.
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