Un fulmine ha abbattuto il cedro vicino alla Torre nel giardino di Palazzo La Marmora al Piazzo. Foto

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Il profilo della città di Biella è cambiato per sempre: accanto alla quattrocentesca Torre elevata da Sebastiano Ferrero all’inizio del Cinquecento, svettava fino a pochi giorni fa un monumentale cedro, piantato presumibilmente verso il 1870.

• IL FULMINE La notte del 12 luglio molti nel raggio di qualche chilometro intorno al Piazzo hanno sentito un boato immenso, era il boato del fulmine che ha colpito il cedro e lo ha fatto esplodere in mille frammenti. Una pianta alta poco meno di 40 metri ma con un portamento maestoso, imponente, di cui ora non rimane che un puntone di circa 10 metri di altezza. Lo schianto non solo ha spezzato il tronco in due: la maggior parte dei poderosi rami sono stati staccati proprio in corrispondenza del loro emergere, tanto che rimane dunque un tronco con tanti moncherini.

Tanta è la massa di fronde, rami sbriciolati che copre il suolo nel raggio di circa dieci metri intorno alla base che è difficile avvicinarsi al moncone. Ed è sorprendente constatare che, in questo crollo, il cedro non ha fatto alcun danno, non ha divelto la vicina balaustra, non ha danneggiato, né gli edifici vicini né le aiuole.

• UNA PIANTA IN PERFETTA SALUTE. L’agronomo Andrea Polidori ha esaminato le decine e decine di parti dell’albero che coprono il suolo tutto intorno, rami possenti del diametro di 50-70 cm, spaccati a metà che mostrano il cuore squarciato, e ha potuto constatare che questo colosso era nel massimo del suo vigore e della sua salute.

• LA TORRE E IL CEDRO, IL PROFILO DI BIELLA CAMBIATO PER SEMPRE Sono sei secoli che la Torre, fatta costruire da Sebastiano Ferrero, rappresenta, per Biella e il suo territorio, il principale landmark, un tratto caratteristico, inconfondibile del profilo della città. Dalla fine dell’Ottocento, il cedro di decennio in decennio è cresciuto fino a raggiungere l’altezza della torre e a diventare, a sua volta, un elemento familiare e identificativo del paesaggio di Biella. E la sua presenza ha finito per salvare la Torre perché il fulmine si è abbattuto sulla sua punta, risparmiando il grande monumento rinascimentale.

TRE ALBERI CADUTI IN 41 ANNI: I RICORDI DI FRANCESCO ALBERTI LA MARMORA «È la terza volta che vivo la morte di un albero» racconta Francesco Alberti La Marmora. «Nel 1982 crollò su se stesso l’immenso Fagus purpurea che stava al centro del nostro giardino. Anche lui fu discreto, venne giù senza fare danni, ma in quel caso fu una malattia a decretarne la fine. Trentatré anni dopo, nel 2015, alla magnolia che stava a pochi metri dal faggio toccò lo stesso destino di morire per malattia. Sono trascorsi altri otto anni e adesso è il fulmine a dare un colpo drastico al giardino». «Passavo ore e ore sugli alberi» prosegue Francesco Alberti La Marmora «o ci si sfidava tra amici a chi arrivava più in alto oppure, da solo, andavo su con un libro e stavo a leggere rannicchiato in un incavo o con le gambe a penzoloni. Ma poiché tra un ramo e l’altro del cedro vi era una grande distanza non sono mai riuscito ad andare molto in alto, però c’era un’altalena dove mia sorella è io abbiamo passato molte ore».

DA GIARDINO ALL’ITALIANA A GIARDINO ALL’INGLESE Queste grandi piante furono messe a dimora nella seconda metà dell’800 quando il Giardino di Palazzo La Marmora fu trasformato da giardino all’italiana a giardino all’inglese. Il giardino romantico (o all’inglese) prende origine nei grandi spazi dei parchi, vuole evocare la natura, abbandona le regolari forme geometriche scandite da siepi a arricchite da grandi vasi di agrumi, disegna lo spazio con linee morbide, prati ondulati, vialetti serpeggianti, e introduce le piante di alto fusto. Il Giardino di Palazzo La Marmora sì uniformò a quel modello, si può pensare che Jane Bertie Mathew, la gentildonna scozzese, che venne a vivere al Piazzo come moglie di Alfonso La Marmora, abbia avuto un’influenza in questa decisione.

UN INVITO A VEDERE IL GRANDE ALBERO SPEZZATO Prima che tutto cambi e che intervengano le motoseghe, Palazzo La Marmora vi invita a venire al Piazzo e ad andare a osservare da vicino il grande cedro stroncato dal fulmine.

«Conserva, così frantumato, una struggente maestosità» conclude Francesco Alberti La Marmora. «L’evento catastrofico ha qualcosa di arcaico: è come essere in un paesaggio primitivo quando gli elementi mutavano lo stato delle cose da un momento all’altro in maniera imprevedibile e irreversibile. Il contesto urbano stratificato di cambiamenti storici e culturali è come se non esistesse; questo fulmine che ha stroncato il cedro è un evento a sé, ci fa sentire il pianeta in balia degli elementi. Ritagliatevi un momento nei prossimi giorni per venire di persona a osservare questa grande creatura, non succederà mai più che possiate avere una esperienza come questa: non beni culturali non valori estetici, ma un essere vivente spezzato nell’eterno ciclo della vita e della morte».

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