Volontariato, Valentina Bovolenta racconta l'esperienza in Tanzania
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È tornata a Candelo Valentina Bovolenta, la volontaria che per un anno è stata in Tanzania. A raccontare la sua esperienza è lei stessa: «Mi chiamo Valentina, ho 26 anni e sono ostetrica dal 2016. All’inizio dell’anno scorso sono partita per l’avventura più bella che mi sia capitata finora, ovvero un piccolo villaggio nel centro – sud della Tanzania dove ho lavorato per un anno come ostetrica. Sono partita come volontaria per il Servizio Civile Universale grazie ad un progetto dell’ong Co.P.E. Per me è davvero difficile spiegare e raccontare in poche righe quest’anno meraviglioso, ma cercherò di trasmettere tutto l’entusiasmo che ancora mi porto dentro essendo tornata da poco più di una settimana. Il Kituo Cha Afya di Nyololo è un Centro di Salute rurale, un piccolo ospedale senza sala operatoria che si occupa di erogare cure alla popolazione del villaggio da cui prende il nome e ai villaggi limitrofi. Per buona metà dell’anno ho svolto i turni in affiancamento al personale locale, poi sono stata assegnata ad un progetto ambulatoriale che si occupava di salute materno – infantile durante la gravidanza e nel periodo dopo il parto. Per tutto l’anno ho continuato a svolgere la mia attività di ostetrica in sala parto a fianco dei miei colleghi tanzaniani, assistendo mamme e bambini con i problemi più svariati con i pochi strumenti di cui eravamo in possesso. La casa in cui abitavamo io e le mie fantastiche compagne di viaggio era ad appena un centinaio di metri dal centro di salute, abbiamo condotto una vita semplice affrontando quasi ogni giorno una qualche mancanza. Ricordo che siamo state per un mese senza elettricità e parecchie settimane senza acqua corrente, non c’erano elettrodomestici e neppure il riscaldamento. Il villaggio di Nyololo si trova a circa 1800 metri di altitudine e durante la notte e nei mesi invernali la temperatura scende molto, anche se l’equatore dista appena poche migliaia di chilometri. È stata semplicemente l’esperienza più bella della mia vita. Ho incontrato persone meravigliose, donne forti che nel loro piccolo sono eroine, neonati venuti al mondo con una forza straordinaria. Ho imparato lo Swahili e cercato di tenere a mente tutte le abitudini quotidiane entrando nel ritmo della vita. Mi sono sentita accolta, anche se ero bianca e diversa. Forse una delle lezioni più grandi che ho imparato è quella di accettare l’altro nella sua diversità, accettare di non capire fino in fondo e di non essere capito, accettare che si può fallire e accettare che si deve andare avanti, qualsiasi sia l’evento avverso. È un’esperienza che consiglio a tutti, a chi come me lavora nell’ambito sanitario e anche a chi è un po’ scettico, perché è un viaggio che cambia la vita là dove la vita è davvero fragile e precaria, ma procede con forza e tenacia».
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