Pestaggi e umiliazioni in danno dei detenuti da parte di agenti di polizia penitenziaria. Sono almeno tre gli episodi che si sarebbero verificati nell’estate scorsa, tra giugno e agosto, nella casa circondariale di via dei Tigli a Biella. La Procura ha aperto un fascicolo in cui si procede per i reati previsti dagli articoli 608, abuso d’autorità, e 613 bis, tortura. Gli indagati, tutti agenti della polizia penitenziaria, sarebbero in questa fase iniziale 28. Nei loro confronti la Procura ha chiesto una misura interdittiva che li allontanerebbe dal posto di lavoro. Prima di accogliere la richiesta il Giudice delle indagini preliminari ha fissato gli interrogatori di garanzia che sono previsti nei prossimi giorni.
Più grave appare la posizione di un indagato, un commissario, per il quale la misura cautelare adottata è stata quella della detenzione domiciliare. L’uomo, da tempo già trasferito a lavorare in un altro penitenziario piemontese, si trova ora ai domiciliari in Sicilia, sua regio- ne di residenza. Attorno all’inchiesta, che si trova in una fase iniziale, vige da parte degli ambienti investigativi il massimo riserbo.
La situazione è infatti estremamente delicata. Sembrerebbe, dalle prime indiscrezioni che filtrano, che la misura cautelare dei domiciliari nei confronti del commissario sia stata dettata dalla rilevanza del suo ruolo. Da quanto avrebbero accertato gli investigatori i tre episodi di violenza e vessazioni nei confronti dei detenuti si sarebbero verificati proprio quando sarebbe stato lui di turno.
In un caso la vittima, un detenuto di origini marocchine, sarebbe stato legato a una sedia con del nastro adesivo e poi picchiato pesantemente dagli agenti di turno.
La seconda vittima è un detenuto di nazionalità georgiana, anche lui avrebbe subito un pestaggio.
Il terzo episodio contestato invece si riferirebbe all’umiliazione inflitta ad alcuni detenuti costretti a denudarsi, durante un’ispezione in cella, di fronte agli agenti e agli altri compagni per poi essere obbligati ad eseguire delle flessioni.
Quali siano i ruoli e le responsabilità dei singoli agenti coinvolti lo dirà l’inchiesta.
Intanto emerge come il fenomeno delle torture in carcere non fosse isolato alle sole realtà di Torino e Ivrea dove da tempo si indaga.
Il Piemonte del resto è una delle regioni in cui il sistema penitenziario è più sotto pressione con carenza d’organico ormai cronica.
Una nuova bufera quindi investe il carcere di Biella dove solo poche settimane fa un agente era stato arrestato perché sorpreso a introdurre in struttura dello stupefacente.
Da tempo via dei Tigli è finita sotto la lente d’ingrandimento della Procura.
A Biella, dove il tasso di assenteismo dal lavoro è già tra i più alti e dove gli agenti che vincono i concorsi di avanza- mento di carriera non vogliono venirci - due settimane fa da questo giornale lo denunciava il segretario nazionale del sindacato SiNAPPE Raffaele Tuttolomondo - la situazione si starebbe facendo ancora più complessa.
Da fonte sindacale sappiamo che ieri, in car- cere, su un turno che prevede una cinquantina di operatori, in servizio ce n’erano solo una quindicina. Se il fenomeno di maltrattamenti in danno dei detenuti si sta ampliando a macchia d’olio, è forse il segno di un malessere generale del sistema penitenziario che deve essere riformato dalle fondamenta.
Non è possibile infatti lasciare pochi agenti, in turno magari da 12 o 16 ore, da soli a fronteggiare i detenuti in un numero sempre maggiore.
Una soluzione per arginare il problema - allo studio del Ministero come dichiarato pubblicamente dal sottosegretario alla Giustizia A drea Delmastro - è sicuramente fissare delle regole d’ingaggio certe e dotare gli agenti di body cam, telecamere da indossare, anche a loro tutela.
Soluzione che però non è sufficiente. Non bisogna infatti mai dimenticare il dettato costituzionale secondo cui la pena deve avere uno scopo rieducativo che attualmente non è garantito.
© RIPRODUZIONE RISERVATA