Back to Babylonia: il mito degli anni ’90
in un documentario

È magmatico il materiale raccolto dai due videomaker biellesi, e la ricerca ancora prosegue: si vuole raccontare un luogo che ha fatto la storia

Ci sono ricordi destinati a durare per sempre. Le emozioni forti hanno il potere di cristallizzare le esperienze che viviamo nelle nostre menti che, con il passare del tempo, inesorabilmente, portano ad una dolce nostalgia.

Alcuni luoghi, in particolare, hanno il potere di ergersi a emblema di stati d’animo unici: è il caso del Babylonia, il noto locale ponderanese che ha segnato un pezzo di storia del biellese e della vita sociale di un’intera generazione.

Sono passati 30 anni dalla sua apertura, quasi 20 dall’ultimo concerto, eppure l’affetto che ruota attorno a ciò che è stato, ciò che ha rappresentato per migliaia di giovani, permane. Vieri Brini e Alessandro Zorio, due di quei giovani che frequentavano assiduamente il locale, hanno deciso di far riemergere quei ricordi in un documentario, “Back to Babylonia”, unendo la loro comune caratteristica, la voglia di raccontare dal punto di vista documentaristico – entrambi si occupano di produzione video, documentari e progetti nel campo della comunicazione per brand come Lamborghini e Pirelli - e la loro passione per la musica: «Il nostro intento» spiega Brini «è provare a raccontare un pezzo importante della nostra adolescenza. Avevamo in mente il progetto da tempo ma ha iniziato a concretizzarsi negli anni della pandemia. Abbiamo deciso, quindi, di utilizzare i social per fare una chiamata per contribuire al documentario, attraverso la condivisione di materiale di archivio. La risposta, finora, è stata così grande, da dover ripensare al progetto, originariamente breve e a corto raggio: «Il progetto ci è esploso in mano» continua Brini. «Abbiamo fatto una prima call pubblica tramite Facebook, e ci siamo resi conto che poteva diventare un progetto un po’ più ambizioso. Così abbiamo impostato il lavoro in un’altra maniera, cercando una casa di produzione, Notte Americana, che ha sede a Roma e a Torino. L’anno scorso, poi, per fare una successiva raccolta di materiali e restituire un po’ del percorso iniziato, abbiamo organizzato un evento a Hydro con tre concerti, occasione in cui abbiamo potuto raccogliere diverse testimonianze e interviste». Attualmente il progetto è ancora in fase di sviluppo e la ricerca di materiali non si esaurisce. Proprio pochi giorni fa la pagina ufficiale del progetto ha rinnovato l’invito a condividere il materiale ancora esistente sulle serate al Babylonia, foto, video, registrazioni, locandine, servizi televisivi, insomma, tutto quello che può aiutare a restituire e far rivivere la grandezza di un posto di provincia che ha accostato Biella alle grandi città tappe dei tour dei più noti esponenti musicali del periodo di ogni genere musicale, dal rock al metal, dal punk al reggae al jazz: «La fase della ricerca è complessa perché in quegli anni, tra metà ‘90 e 2000 non c’era la stessa possibilità di oggi in cui siamo tutti sempre in giro con smartphone a fare foto e video, obnubilati dalla necessità di immortalare tutto» commenta Zorio. «Allora no, non si poteva e, forse, non aveva neanche senso. Quel che è certo è che il “Baby” è stato uno spazio molto importante per Biella, il biellese e per tanti biellesi, perché era inserito in un contesto nazionale; ma è pur vero che è nato e ha vissuto in un’epoca in cui un posto del genere diventava uno spazio di aggregazione estremamente significativo e in cui la musica dal vivo aveva un’importanza molto più elevata rispetto ad oggi. Andare al “Baby” o a vedere concerti in luoghi più piccoli delle arene di oggi, aveva un ruolo».

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