I fili di luce che raccontano le donne
Teodolinda Caorlin ha commentato le sue opere all’inaugurazione di venerdì: «In alcuni momenti mi sento dentro a un respiro del mondo: tessere è un gesto antico che però porta nel futuro»
Ha l’eleganza e la luminosità delle sue tele: Teodolinda Caorlin, che predilige farsi chiamare Linda, ha il talento di trasmettere la semplice preziosità di un lavoro antico - ma che guarda al futuro - con le sue opere: figure a grandezza naturale che incantano per la delicatezza delle tinte, elaborate e sottili, e per la sorprendente accuratezza della posa.
Da venerdì i suoi intensi capolavori di fili intessuti sono visitabili alla Fondazione Sella, che fino al 1 dicembre ospita “Trame di vita”, iniziativa curata da Dina Pierallini e Elena Bermond des Ambrois, due amiche sensibili alla divulgazione della cultura e della bellezza, che durante la presentazione di venerdì hanno spiegato come sia nata l’idea di portare Caorlin a Biella. «I suoi lavori e la sua storia ci hanno colpite moltissimo. Linda ha portato in Italia la Fiber Art, quella forma espressiva che utilizza fibre e tessuti, e in breve tempo il suo talento l’ha resa famosa in tutto il mondo».
Obiettivo della mostra, ha spiegato Angelica Sella, è in linea con l’intento della Fondazione di valorizzare le memorie degli archivi Sella e la storia delle attività produttive che ci sono state in questo luogo: «Nel 2021 abbiamo ospitato una mostra sulla lana, poi quella sulla seta e probabilmente in futuro ci focalizzeremo sulla carta, che pure è stata prodotta per un periodo in questi stabilimenti».
Le figure scenografiche realizzate dall’artista veneziana sorprendono per la bellezza ma anche perché, osservandole da vicino, ci si rende conto che ogni luminoso componente dell’opera racconta l’impegno intenso della mano dell’artista.
«Ho avuto la fortuna di iscrivermi, appena terminate le scuole medie, all’istituto d’arte di Venezia. Avevo scelto la sezione di decorazione pittorica, ma per sbaglio un giorno ho aperto la porta della classe di tessitura: ed è stato un colpo di fulmine. Da quel momento penso in termini di fili».
Da allora, terminata la scuola, ha lavorato con rara dedizione al telaio, scoprendo di sapersi inventare una tecnica inedita per realizzare figure umane. La fotografia è diventata parte integrante della sua ricerca artistica e, nel tempo, quell’incessante e ritmico lavoro al telaio ha dato origine a tante opere incantevoli e a molte consapevolezze. Come quella che «tessere non vuole né rabbia né fretta». Tante delle sue creazioni sono figure di donne. Per un preciso motivo: «Accudiamo con amore. Incarniamo ruoli difficili, che lo vogliamo o no».
Con limpidezza racconta poi di alcuni momenti di «romanticismo», così li definisce, con il suo telaio: «Mi sento in piena sintonia con il mondo che era e con il futuro: è come se fossi immersa nel respiro dell’universo, perché compio gesti antichi ma sempre rinnovabili: a ogni grumo di fili per iniziare un nuovo lavoro si ricomincia e inizia un viaggio sempre diverso».
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