Luce, voce biellese a San Siro sul palco
dei Negramaro

Il talento di Giulia Salgarella, 23 anni, in arte Luce, ha avuto una conferma emozionante con l’esibizione prima del concerto

Da Brusnengo a Milano. Dal sogno alla realtà a piccoli passi. Luce, nome d’arte di Giulia Salgarella, è una cantautrice 23enne che si sta ritagliando il proprio spazio nel panorama musicale: attualmente conta ben oltre 14mila ascoltatori mensili su Spotify.

Certo, fare musica oggi è tutt’altro che facile e scontato. Il mercato è immenso, a volte omologato, e si fatica ad emergere nonostante le qualità di cui si dispone.

Luce ha da sempre considerato la musica, il canto, una priorità. Oggi si avvicina alla laurea al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e da qualche anno è presente sulle piattaforme musicali Spotify e You Tube. Tra un live e l’altro, pochi giorni fa ha preso parte ad un evento che non scorderà mai. L’abbiamo intervistata, ci siamo fatti raccontare cosa vuol dire provare a farsi largo nel panorama musicale, toccando temi non esclusivamente legati alla musica prodotta.

Luce, partiamo dal fondo. Recentemente è stata protagonista di un’esperienza che non capita esattamente ogni giorno. Ce la racconta?

Sabato 22 giugno ho cantato sul palco dello Stadio di San Siro, a Milano. È stata un’esperienza indimenticabile. Si trattava di un progetto proposto dalla Fondazione Pino Daniele, il cui presidente è Alessandro “Alex” Daniele. Lui è professore al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano ed è nata questa collaborazione. Siamo stati selezionati in 40 per aprire il concerto dei Negramaro – che quella sera hanno riempito lo stadio.

L’opportunità è stata grande, ma come l’ha vissuta personalmente?

Emotivamente parlando, è stata l’esperienza migliore della mia vita. L’impatto di cantare di fronte ad uno stadio così imponente è stato decisamente forte. Posso dire che è stata l’esperienza migliore della mia vita. Avendo cantato la penultima canzone della scaletta gli spalti erano già pieni, quindi faceva ancora più effetto. La felicità era ed è tantissima per aver realizzato un sogno.

Spostandoci verso la quotidianità, dai primi anni a Cossato con Sonoria all’attuale percorso al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.

Cosa dire, è un percorso partito da molto lontano che richiede un certo di impegno. In conservatorio siamo immersi tutto il giorno nello studio della musica, ed oggi ci sono parecchie materie teoriche. La strada che ho intrapreso io qualche anno fa è l’indirizzo pop-rock.

Vivere la vita del conservatorio è molto formativo, credo sia un ambiente che apre parecchie strade: si è costantemente a stretto contatto con persone che lavorano nel mondo della musica, che vogliono arrivare a fare musica. Tutto ciò è molto stimolante e ho avuto la fortuna di incontrare un ottimo gruppo di persone con cui sono nati bellissimi rapporti che vanno oltre la semplice dimensione accademica.

Oltre al conservatorio ha anche altri progetti?

Sì, lavoro con The Spot a Milano, uno studio in cui vado una volta a settimana per produrre. Anche in questo caso non c’è altro da dire se non che la formazione ne risente positivamente. Quando mi ritrovo in studio con produttori e musicisti si crea una bella atmosfera.

Per quanto riguarda l’uscita dei singoli, ci sono delle scadenze precise?

Non proprio. Per fortuna mi ritrovo ancora in una dimensione in cui è flessibile l’uscita di un pezzo.

Certo, io cerco di pubblicare musica con costanza, quindi un piano di produzione c’è. Allo stesso tempo credo che serva la giusta ispirazione per fare qualcosa che una persona si sente veramente dentro. Questo vale soprattutto per la scrittura dei testi. Scrivo solo ciò che provo, quindi mantengo il più possibile l’autenticità.

Quindi vuol dire che si basa quasi tutto sul talento?

Il talento c’è, ognuno di noi ne ha a modo suo, ma da non dare per scontato è il metodo: studiare musica, conoscere a fondo lo strumento e metterci tanto impegno.

Una volta che si ha padronanza, si sa di cosa si parla e si è meno vincolati musicalmente alle idee di altre persone.

Tra queste idee c’è quella che riguarda il suo ultimo singolo “Permesso”. Ce la spiega?

Ho voluto lanciare un messaggio. Mi è capitato spesso di essere stata discriminata per quali abiti indosso o per come appaio sui social. Trovo che sia grave che le persone vengano etichettate per come vogliono apparire con il proprio corpo, soprattutto perché non è questo che determina o meno la mancanza di professionalità di una persona, specialmente quando si parla di lavoro.

Nel mondo delle arti, a maggior ragione, è inaccettabile. In “Permesso” lo dico chiaramente, so che sono molto più di quelle voci che mi definiscono in un certo modo e sono convinta di esserlo.

È molto legata a questa canzone.

Ovviamente sì. L’altra che sento tanto è “Cristallo”. Fino ad ora conto 5 singoli e 7 collaborazioni, ma queste due appena citate sono quelle a cui sono più affezionata.

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