Quello spazio che unisce l’uomo
al divino

Dal volume “Il cielo in terra” di Mario Botta lo spunto per un viaggio tra le strutture religiose biellesi

«Facciamo tre tende, una per Te, una per Mosé, una per Elia» aveva detto l’apostolo Pietro, estasiato davanti allo splendore della trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor. L’uomo, affascinato dalla visione del “divino”, voleva costruire, quasi per istinto, una “tenda” per fermare la visione della persona fulgente del Cristo. Come nei Vangeli, così sulla terra gli uomini hanno cercato nei tempi,e ancora cercano, di costruire quella “tenda” per conservare la sublime visione del “divino” che rapisce il cuore e la mente. Grandi architetti hanno edificato nel corso dei secoli, splendide dimore: grandi basiliche, chiese e piccole chiese che sempre parlano allo spirito e al cuore.

Tra i grandi, è Mario Botta, il noto architetto ticinese, immaginifico costruttore di chiese diffuse in tutto il mondo, a presentare in questi giorni un’interessantissima panoramica dell’architettura religiosa del nostro tempo nel suo prezioso volume “Il cielo in terra”.

«Da anni» scrive Mario Botta nella presentazione del testo «mi sto confrontando con il tema dello spazio del sacro. Cerco di far sì che lo spazio ponga l’uomo tra la terra e il cielo, escludendo le contaminazioni proprie della vita quotidiana. Lo sguardo offerto da questa rassegna di chiese e cappelle, che parlano del tentativo di portare “un frammento di cielo in terra”, interpreta la necessità di avere, anche in questi tempi, delle testimonianze “oltre il finito”. E l’architettura si propone come uno strumento appropriato nel solco di una storia millenaria».

Il volume “Il cielo in terra” offre un affascinante itinerario tra le maggiori e più insolite costruzioni religiose del nostro tempo. Un viaggio che riporta al clima alto e felice del più puro e intenso spirito religioso. In chiusura al testo è presentato anche un sapiente elenco delle tantissime opere di architettura religiosa realizzate in tutto il mondo dall’architetto Botta.

La più vicina al nostro territorio è la magnifica Chiesa del Santo Volto edificata a Torino, nello spazio delle ex Ferriere della Fiat, in occasione dell’Esposizione della Sindone avvenuta nei primi anni del 2000. Anche Biella ha avuto la sua fertile stagione costruttiva per l’architettura religiosa nell’ambito del secolo scorso, il 1900. Ci accorgiamo, non senza una piacevole sorpresa, che c’è stato un vero fiorire di opere legate alla religione cristiana. Sono state costruite chiese di varia importanza e bellezza orientate alle avvincenti proposte ideative che suggeriva, nel tempo nuovo, il generale rinnovamento di linguaggio dell’arte.

Ed ecco il prezioso elenco di realtà biellesi che ci avvicina a questa vera ricchezza d’arte, come architettura religiosa.

La chiesa dell’Ospedale vecchio, dedicata a San Francesco, edificata tra il 1940 e il 1956, voluta e donata dal conte Ettore Barberis che ne affidò l’incarico al geometra Giuseppe Mortarini, ricca di opere d’arte realizzate da noti artisti biellesi, come la pala d’altare realizzata dal pittore Guido Mosca,ispirata ai nuovi modi della pittura di Sironi; le eleganti formelle in ceramica della Via Crucis, realizzate da Pippo Pozzi; il Crocefissi e le diverse opere realizzate in ferro battuto dallo scultore Mario Taragni detto “ il Barba”.

La solenne chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza: il Cottolengo, voluta dall’indimenticabile padre Mino, ed eretta nel 1945 su progetto dell’ingegner Grupallo con l’assistenza artistica dell’ingegner Gallo di Torino, dove sono stati riproposti i matronei come spazi per consentire la partecipazione alle funzioni religiose anche agli ammalati. La chiesa di Nostra Signora di Fatima, in località Crocicchio, fatta erigere nel 1959 da monsignor Luigi Trivero, per molti anni Vicario Generale della Diocesi di Vercelli e Biella, responsabile della Commissione per l’edilizia religiosa, che ha fatto realizzare un autentico poema d’arte intorno all’immagine della Vergine Maria.

Nostra Signora di Oropa, la chiesa del Villaggio La Marmora, con la sua storia ricca di vicende, e i molti nomi di personalità civili e religiose fra cui emerge luminoso il ricordo di don Antonio Ferraris, uno dei principali artefici dell’opera, realizzata nel 1958 su progetto dell’architetto Trompetto e consacrata dall’allora Vescovo monsignor Carlo Rossi. Avanzata nelle proposte architettoniche, con una forte ricerca di simboli della religione cristiana, la chiesa di Pavignano, dedicata a San Carlo, è stata edificata nel 1966 su progetto dell’architetto Nicola Mosso. Rimane una delle più vigorose presenze di ricerca di un linguaggio nuovo nel campo dell’architettura religiosa. La chiesa di Mottalciata, dedicata alla Beata Vergine del Carmine, è stata costruita tra il 1966 e il 1968 su progetto dell’architetto Corrado Cantone. Ancora stupisce per le sue forme volutamente ideate per inserirsi tra le costruzioni locali. La parrocchiale di San Biagio. Eretta nel 1968/70 dopo varie proposte per un necessario collegamento con la chiesa esistente, di riconosciuto pregio storico-artistico, ma ormai inadeguata alle esigenze della popolazione locale, venne fatta costruire su progetto dell’architetto Enrico Villani di Vercelli, con l’indimenticabile, entusiastica sollecitudine del parroco di allora, don Giuseppe Finotto. Diversa dalle altre per la principale ricerca della luminosità attraverso le grandi vetrate con vivaci inserti cromatici che si riflettono creando una gioiosa atmosfera di serenità e di pace, la chiesa di Cossato, Gesù nostra speranza, è stata edificata negli anni 1978/88 su progetto del padre Costantino Ruggeri. Ultima,in ordine di tempo, è la Chiesa sorta a Magnano, nel territorio della Comunità di Bose, su progetto di uno dei fratelli: Michele Badino che ha rielaborato elementi locali, con ispirazioni legate all’ambiente e alla pratiche religiose, con un’ apparente, quieta semplicità.

Così gli uomini hanno cercato e cercano di afferrare il cielo attraverso segni, ideali, e in qualche modo anche sogni.

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