Deserto artigiano: nel Biellese
in 11 anni addio a 2371 imprese

Il 30 per cento delle attività presenti nel 2012, sono sparite. Se questa tendenza non sarà invertita, entro 10 anni sarà difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista

In 11 anni il Biellese ha perso 2.371 imprese artigiane, il 30 per cento di quelle presenti nel 2012, passando dalle 7.815 di allora alle 5.444 di oggi. Un deserto di servizi e di presidi sul territorio che avanza senza sosta. E a dimostrazione della gravità di quanto accade nel nostro territorio ci arriva la conferma dello studio condotto dalla Cgia di Mestre che ha fotografato la situazione delle imprese artigiane nelle 107 province.

Biella purtroppo è quinta per perdita percentuale di attività: peggio di noi in Piemonte fa Vercelli che si piazza al primo posto in Italia, registrando una perdita di imprese del 32,7 per cento.

Seguono Rovigo con -31, Lucca con -30,8 e Teramo con il -30,6 per cento e, come detto sopra, Biella. Le realtà, invece, che hanno subito le flessioni più contenute sono state Napoli con il -8,1, Trieste con il -7,9 e, infine, Bolzano con il -6,1 per cento.

Continua dunque a scendere in tutto il Paese il numero complessivo degli artigiani. Si tratta di persone che in qualità di titolari, soci o collaboratori familiari svolgono un’attività lavorativa prevalentemente manuale.

Gli iscritti nella gestione artigiani dell’Inps nel 2012 erano poco meno di 1.867.000, nel 2023 la platea è crollata di quasi 410mila soggetti (-73mila solo nell’ultimo anno); ora il numero totale sfiora quota 1.457.000.

La caduta verticale di questi ultimi anni si è interrotta solo nell’anno post Covid (+2.325 tra il 2021 e il 2020).

Se questa tendenza non sarà invertita rapidamente , entro una decina d’anni sarà molto difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di riparazione o di manutenzione nelle abitazioni o sui luoghi di lavoro.

Questi dati allarmanti sono stati diffusi dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha elaborato le informazioni fornite dall’Inps e da Infocamere/Movimprese.

Le ragioni si possono ricercare nel fatto che negli ultimi decenni tante professioni manuali hanno subito una svalutazione culturale che ha allontanato i ragazzi dal mondo dell’artigianato.

I ricercatori di Cgia hanno ad esempio fatto una comparazione tra il numero di avvocati presenti in Italia e quello di idraulici: i primi sfiorano le 237mila unità, mentre i secondi sono “solo” 180mila.

Quindi se da un lato c’è l’evidenza della cosiddetta fuga dei cervelli in atto nel nostro Paese che ci priva di figure di altissimo profilo, dall’altro registriamo la mancanza di tante figure professionali di natura tecnica. Le cause di quest’ultimo problema si possono ritrovare nello scarso interesse che molti giovani hanno nei confronti del lavoro manuale; la mancata programmazione formativa che si è verificata in tante regioni del nostro Paese e l’incapacità di migliorare ed elevare la qualità dell’orientamento.

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