PAROLE - Il centro estivo senza il telefonino

Quella del cellulare vietato al centro estivo non è una vera novità. E, anche se, solo a macchia di leopardo si potrebbe dire, in questi ultimi anni la notizia è già rimbalzata da un oratorio all’altro, dal nord al sud, sentirla di nuovo, leggerla di nuovo, evidenziarla con forza anche qui da noi, si può dire, fa sempre piacere e in qualche modo è come se tenesse accesa una speranza. E così la regola di don Lodovico De Bernardi a Salussola è un esempio, non l’unico comunque sul territorio, bello per rivendicare, una volta di più, un senso di socialità che gli smartphone, ormai indispensabili per tante situazioni, hanno strappato a tutti noi. Il divieto diventa il modo non per vincere sulla tecnologia che serve, ma per non diventare schiavi di meccanismi di comunicazione capaci solo di farci perdere di vista il comune senso dello stare assieme, soprattutto per i bambini e i ragazzini. E così ben venga il centro estivo da ritorno al passato dove magari ci si sbuccia le ginocchia e si mangia un panino tutti assieme, con buona pace di quei genitori che non potranno chiamare i figli per chiedere come stia andando ogni minuto della giornata. Il centro estivo “sconnesso” è, contrariamente quanto può sembrare, il miglior viatico per il domani: una sorta di disintossicazione, come l’aria pulita di montagna, che almeno farà sì che un bambino non parli, alla sera a casa, del vicino di sedia indicandolo come quello che ha l’ultimo modello di smartphone. Una grande conquista in un mondo dove ci vorrebbero più regole sul modello di don Lodovico e dove comunque, riflettendo, viene da chiedersi perché offline vada troppo spesso il buon senso. Perché anche un genitore di oggi dovrebbe capire che per un bambino al centro estivo è indispensabile lo zaino con un cambio e non Whatsapp.

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