Non sarà evidentemente soddisfatta l’ex ministro Lucia Azzolina di sapere che i giudizi descrittivi alle elementari, introdotti nel periodo in cui si trovava al dicastero dell’istruzione, stanno per lasciare il passo. Non come i banchi a rotelle, ma con un cambio nell’espressione della valutazione comunque talmente rapido da non durare nemmeno il tempo completo di quel grado di scuola. Si tornerà, se non ai voti numerici per ora, ai giudizi sintetici dal settembre prossimo, appena il ddl, annunciato dal ministro Valditara, diventerà legge. Tanto per intentenderci: ottimo, distinto, buono, sufficiente, insufficiente. Che scalzano avanzato, intermedio, base, in via di prima acquisizione.
Sul tema, naturale, si è aperta la discussione. Da una parte chi invoca chiarezza, superando forme poco comprensibili e difficili per bambini e genitori, dall’altra chi ritiene che la nuova valutazione possa provocare ansia anticipata nei più piccoli.
È vero che si trasforma la società e ci trasformiamo noi, ma la vera sfida oggi pare essere quella di rimettere al suo posto il valore della scuola, superando un voto. Perché è prima l’accettazione di quel giudizio scolastico a darne la comprensione. A minare le fondamenta è proprio il dubbio sul voto che nostro figlio riceve e che magari non ci piace. Il problema sta li. Lo stesso per cui oggi deve intervenire lo Stato per dire che nella valutazione della condotta peseranno atti violenti o di aggressione nei confronti di docenti, alunni e personale scolastico. Quarant’anni fa ci saremmo accontentati di sentircelo dire chiaro direttamente dalla scuola. E se mai non fosse bastato ci avrebbero pensato mamma e papà, appena arrivati a casa, con i rimproveri a far capire cosa volesse dire condotta. E non che la cosa non creasse dell’ansia. Ma generalmente funzionava. Per crescere. Come un insufficiente. Che l’unico dubbio che creava era quello che non si fosse studiato abbastanza.
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