Ci voleva pure una serie tivù a darci un po’ di pessimismo. Come se a queste latitudini ne avessimo bisogno. Monterossi, su Amazon Prime. Genere drammatico. Anche per noi biellesi a quanto sembra, se Biella in uno degli episodi della seconda stagione è stata definita sostanzialmente bruttina, per edulcorare il concetto espresso e confezionato per il pubblico. La vicenda - per chi non la sapesse perso nel variegato mondo dei programmi on demand, delle serie e delle produzioni speciali - in cui prepotentemente ci inseriamo è legata ad uno dei personaggi che diventa proprietario di un appartamentino in centro. Lo stesso, l’appartamento, su cui si scagliano i commenti della moglie, alla quale basta sostanzialmente aprire una finestra per sentenziare il suo colorito no alla nostra città. Non proprio un’iniezione di fiducia verrebbe da dire per noi che abbiamo bisogno di tutto meno che del contributo degli altri in questo caso. Perché solitamente siamo proprio noi a descrivere cupo e triste, corrucciato e quasi inetto, come fosse una persona, il nostro perimetro. In un intenso piangersi addosso che tracima nel luogo comune del lamento. La cosa curiosa è che questa volta ci hanno pensato gli altri a raccontarci “male”, così come in passato era già successo con i disegni di Zerocalcare. La seconda cosa curiosa è, pare, che Biella sia stata scelta esattamente a caso, senza che in essa sia stato rilevato qualche specifico requisito di negatività dagli autori. La terza e ultima cosa curiosa è che da noi chi si è in qualche modo interessato alla discussione sembra non essersi trovato in particolare disaccordo. Non esattamente quello che sta succedendo nella vicinissima Valsesia, indignata, dopo il libro dello scrittore Paolo Cognetti che l’ha descritta, anche qui per edulcorare, con una serie di frasi non carinissime. Per imparare questa volta ci basterebbe una gita fuori porta neppure troppo lontana da doverci lamentare.
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