Al Rotary è un ministro Pichetto a tutto campo

Ospite d’onore mercoledì scorso a Valle Mosso

Gilberto Pichetto a ruota libera nella sua “comfort zone” del Rotary di Valle Mosso di cui è socio ed ex presidente, dove è stato invitato a parlare dal presidente attuale Alessandro Ciccioni e dal suo predecessore Roberto Vineis, che gli ha consegnato l’onorificenza rotariana “Paul Harris Fellow”, che gli è stata assegnata dal club per i suoi meriti a servizio del Paese, del Piemonte e del Biellese.

Il ministro dell’ambiente biellese ha accettato di buon grado di raccontare il suo impegno al Governo, così come aveva fatto quando era stato viceministro dello sviluppo economico nell’esecutivo guidato da Mario Draghi.

«Quello dell’ambiente» ha spiegato Pichetto «è un ministero centrale nella politica attuale, caratterizzata da alcuni grandi temi che devono consentirci di affrontare emergenze come il cambiamento climatico e il problema dell’energia, condizionato soprattutto dai conflitti in corso e dall’evoluzione degli scenari. Ci siamo posti obiettivi ambiziosi, a cominciare dall’incremento dell’energia ricavata da fonti rinnovabili, che entro il 2030 vogliamo portare a una quota di circa due terzi del totale rispetto alla situazione attuale che vede ancora prevalere l’utilizzo di materie prime fossili come il gas, il petrolio e il carbone».

Uno dei dossier aperti su questo fronte riguarda il passaggio al libero mercato di circa un milione di utenti che ancora godono di tariffe tutelate: «Tutte le forze politiche hanno chiesto di rinviare questa scadenza per evitare disagi ad utenti che potrebbero ritrovarsi a pagare tariffe più elevate. Io però sono convinto che non sarà necessario, perché, contrariamente a quanto ci si poteva attendere, tutti i grandi players del settore mi hanno fatto pervenire offerte con forti ribassi. Manterremo le tutele per i soggetti più fragili, ma traghetteremo nel libero mercato tutti gli altri a condizioni sicuramente vantaggiose».

La necessità di affrontare i problemi dell’ambiente ha influito in modo rilevante anche sulle scelte europee, dove però l’Italia si è trovata a volte da sola a combattere battaglie che rischiavano di provocare danni più elevati rispetto ai vantaggi di certe scelte.

«È il caso, per esempio, dei vincoli sugli imballaggi» ha spiegato il ministro. «Nel settore del riciclo noi siamo nettamente più avanti dei partners europei e siamo anche il primo Paese produttore di questo tipo di plastica. Per questo mi sto battendo affinché il nuovo sistema europeo sia proiettato verso l’alto, anziché verso il basso con un azzeramento indifferenziato. Non è una battaglia facile, perché certe posizioni, come quella dell’ex commissario europeo olandese Frans Timmermans, sono molto ideologiche e la vicinanza con il prossimo voto per il Parlamento Europeo non aiuta a fare scelte oggettive. Un’altra battaglia in cui l’Italia si è distinta è quella sui biocarburanti, in cui noi siamo più avanti degli altri, ma che l’Unione Europea vuole eliminare insieme agli altri carburanti per motori termici puntando sul solo full electric dal 2035, ancora con una scelta molto ideologica. Attraverso una serie di accordi nell’ambito del G20 e della Cop28, la conferenza sull’ambiente che si è svolta alla fine dell’anno scorso negli Emirati Arabi, abbiamo stretto accordi importanti con altri Paesi, tra cui il Giappone, che hanno riammesso l’utilizzo dei biocarburanti, a patto che vengano limitate le emissioni».

La situazione geopolitica, anche senza considerare i conflitti in corso, è comunque diversa rispetto al passato: «In Europa» ha spiegato Pichetto «i politici sono ancora abituati a fare le loro scelte guardando ai sondaggi a breve termine. Nel resto del mondo gli equilibri stanno cambiando e ci sono sempre più Paesi che traguardano i loro progetti molto più in là nel futuro. Per esempio l’Arabia Saudita, il maggiore produttore di petrolio, si sta ponendo il problema di utilizzare questa materia prima, che prima o poi si esaurirà, per ricavarne plastica per manufatti di uso quotidiano e per questo motivo sta investendo moltissimo nelle fonti rinnovabili. Una scelta che dobbiamo fare anche noi, tenendo presente, però, che non si può fare tutto subito, ma che bisognerà cambiare sistema passando alle rinnovabili, all’idrogeno o al nucleare gradualmente, per cui per almeno ancora 30 anni, anche se stiamo riducendone sempre più i consumi, avremo ancora bisogno del gas. Ciò ci obbliga a pensare di realizzare infrastrutture più efficienti per la distribuzione, come le cosiddette “pipeline” o la rete di distribuzione dell’energia elettrica, per ottimizzare questo utilizzo ancora per un po’ di tempo. Oggi siamo alle prese con i problemi nel Mar Rosso, dove il percorso più lungo a cui sono costrette le navi a causa dei conflitti, farà sentire i suoi effetti sulle bollette tra circa sei mesi».

Davanti a questi scenari non si spiega come mai, nonostante il Piemonte sia al centro di questo progetto finanziato dal Pnrr, nel Biellese, nessuno abbia avanzato la propria disponibilità a utilizzare siti industriali dismessi per la ricerca sull’idrogeno come combustibile per l’autotrazione: «È un problema cerebrale» è stato il laconico commento. «Si vede che stanno bene così e possono rinunciare a queste opportunità».

Se si parla di cambiamenti climatici non si può ignorare il problema dell’acqua: «In Italia» ha osservato Pichetto «non si costruiscono più dighe o altre opere idrauliche per la raccolta della pioggia da oltre 40 anni. Ciò ha provocato un grave ritardo, rispetto a paesi come la Spagna che riesce a raccogliere e utilizzare il 37 per cento dell’acqua piovana. Ho visto che la Regione ha dato il via libera all’ampliamento della diga sul Sessera, penso sia un’opera necessaria, perché l’acqua ormai arriva concentrata in pochi eventi atmosferici molto intensi e non bisogna disperderla. Da risolvere ci sono problemi come quello della neutralizzazione delle scorie nucleari, di cui si discute molto in questi giorni in Piemonte a proposito di Trino. Bisogna pensare che il materiale radioattivo delle nostre vecchie centrali è stoccato in Gran Bretagna, dove dobbiamo pagare milioni per questo servizio. Dobbiamo creare siti nazionali, anche perché questo tipo di rifiuti cresce continuamente anche per l’uso che se ne fa in campo medico. Penso non ci sia nessuno disposto a rinunciare a fare cure che possono salvare la vita per evitare di produrre scorie nucleari».

Infine, Pichetto ha parlato delle complesse dinamiche all’interno dell’Unione Europea: «Una riforma è necessaria. Oggi i suoi organismi più importanti, come il Consiglio d’Europa e la Commissione Europa, sono slegati tra loro. Per certe decisioni occorre un voto unanime, con un piccolissimo Paese che è in grado di bloccare tutti ponendo il suo veto, mentre in altre è già previsto il voto a maggioranza. A mio parere l’Europa deve diventare una nazione federale sul modello degli Stati Uniti, magari decentrando maggiori poteri agli stati appartenenti. L’alternativa è restare un sistema burocratico mastodontico con migliaia di funzionari che detengono un potere enorme senza rispondere a nessuno. E tra questi dirigenti la maggioranza sono tedeschi, francesi e spagnoli, mentre gli italiani sono più numerosi tra gli usceri».

© RIPRODUZIONE RISERVATA