Da qualche tempo ritorno con frequenza sulle rive lombarde del Lago Maggiore. Il motivo è legato ad un mio impegno di lavoro che si concluderà con la pubblicazione, nel prossimo mese di maggio, di un volume dedicato al “Devoto Cammino” tra i Sacri Monti piemontesi e lombardi. Per definire un percorso di collegamento da Verbania verso il Campo dei Fiori e il Sacro Monte di Varese, ho visitato alcune località in quella provincia, scoprendo storie e siti molto interessanti.
Rive diverse
Quello che subito salta all’occhio è la differenza di paesaggio tra le due sponde, in particolare nella parte inferiore del bacino lacustre. Da Arona verso Nord, la strada litoranea piemontese corre quasi tutta a filo dell’acqua, con i paesi allineati sulla riva e le colline del Vergante a far da protezione a ponente. Dalla parte opposta, tranne un breve tratto da Angera a Ranco, la strada che collega Sesto Calende a Laveno passa principalmente all’interno, tra dolci rilievi d’origine morenica che separano il Verbano dai piccoli laghi di Comabbio e di Monate.
Tra Varese, il suo lago e il Lago Maggiore si forma così un triangolo ricco di acque, di piccole foreste e di tanti nuclei abitati: un territorio di storia antichissima, come testimoniano i numerosi villaggi archeo-palafitticoli e alcuni castelli di nobili famiglie. Ma al contempo è un territorio aperto al futuro, abitato da gente laboriosa e sede di importanti imprese di ogni settore. Ne sono un buon esempio i laboratori dell’Enea con sede a Ispra, un tempo dedicati alla ricerca sul nucleare, ora impegnati nello studio e nello sviluppo di tecnologie e metodologie per l’efficienza energetica.
Il presepe sommerso
L’approccio più logico al Varesotto è quello da Sud, ovvero da Sesto Calende, con il centenario ponte stradale e ferroviario gettato sul punto dove il lago diventa nuovamente fiume Ticino. Ma a me piace molto raggiungere l’altra parte con il traghetto da Verbania a Laveno.
E’ una piccola crociera che mi permette di osservare bene le due sponde e le montagne d’intorno: a ovest il Mottarone e le vette che chiudono la Val Grande, a est il Sasso del Ferro, l’ingombrante e boscoso monte che sovrasta Laveno, da dove si lanciano numerosi deltaplani e parapendii, dopo la risalita con la ripida cestovia.
A Laveno ci sono andato nei giorni del Natale appena trascorso per ammirare il Presepe Sommerso, una bella iniziativa che si ripropone da quasi quarant’anni. Sono 42 sculture in pietra, a grandezza naturale, immerse nel lago a tre metri di profondità a poca distanza dalla banchina prospicente la piazza principale. I pastori, gli animali e i personaggi della Natività creano uno scenario irreale che il movimento dell’acqua e le luci dei fari rendono altamente suggestivo.
Le lucine di Leggiuno
A una manciata di chilometri da Laveno, sulla strada per Varese, si trova Leggiuno, paese di 3800 abitanti. Gli sportivi lo ricordano per aver dato i natali a Gigi Riva, io ci sono andato attirato dalle sue 500.000 lucine natalizie, un vero record italiano, facendo una coda di quasi un’ora per vederle. Era però il giorno di S. Stefano, forse il meno indicato, visto l’afflusso di oltre 15.000 persone. Le piccole luci a led ornano un ampio spazio a parco, compreso tra la chiesa e l’oratorio Frassati e creano scenari da fiaba, con renne, pavoni, cammelli e altri animali luminosi. Ci sono migliaia e migliaia di fiori colorati, strutture a formare fontane, castelli, gallerie dove si passa, tra la gioia dei più piccoli e lo stupore dei grandi.
Dal 6 dicembre al 1° gennaio di quest’anno i visitatori sono stati più di centomila, causando anche disagi al punto che le lucine sono state spente anzitempo. Sono nate polemiche che mettono in forse il ripetersi della manifestazione.
S. Caterina del Sasso
Per sua fortuna Leggiuno ha anche un’altra attrattiva famosa, visibile tutto l’anno. E’ l’eremo di S. Caterina del Sasso, un complesso devozionale costruito a picco sul lago, raggiungibile dal parcheggio scendendo 220 scalini, oppure usando un moderno ascensore.
L’insieme è costituito da tre fabbricati allineati, in pratica cappelle sorte in epoche differenti, a cominciare dal Trecento. Nel primo loggiato ci accoglie il Convento Meridionale, all’interno del quale si ammira un importante ciclo di affreschi. Segue una terrazza dove è esposto un grande torchio per uve e il porticato del Conventino, l’edificio più antico.
Un secondo spazio aperto, sempre a strapiombo sulle acque, prelude alla chiesa, preceduta da un portico affrescato, chiuso verso il lago dal piccolo campanile trecentesco. L’interno della chiesa è intimo e raccolto ed evidenzia bene le diverse epoche di costruzione. Alcune cappelle sono scavate nella roccia viva e la più antica, nel fondo della chiesa, è proprio quella dedicata alla Santa da Siena. Il presbiterio e l’altare appaiono d’epoca più barocca, ma con diversi e interessanti affreschi.
Dal lago al Rosa
La mirabile integrazione tra la natura del luogo, l’arte e la devozione rendono l’eremo di Santa Caterina del Sasso uno dei luoghi più suggestivi del Verbano. L’accoglienza e i servizi sono molto curati, con negozi, bar e ristoranti e ampi parcheggi. All’intorno sono state create aree a parco, con passeggiate e punti panoramici.
Il modo migliore per coglierne la bellezza è quello di arrivarci per la via del lago. A partire dalla primavera sono numerose le corse dei battelli in partenza da Stresa e da Laveno che si fermano nel piccolo imbarcadero.
Nel mio girovagare varesino mi mancavano però un paio di passeggiate significative. La prima l’ho scovata sempre vicinissima a Leggiuno ed è la salita di un’ora al Monte Sangiano, 527 m. Questa montagnola isolata, più alta di 300 metri rispetto all’intorno, costudisce presso la vetta un piccolo santuario dedicato a San Clemente, ma permette di ammirare uno splendido panorama di laghi e di vette, dal Mottarone al Monte Rosa.
Il Sasso Cavallazzo
L’ultima escursione me la sono riservata per le ore del tramonto, contando sul vantaggio dell’ultimo sole sulla sponda varesina, mentre d’inverno quella piemontese è già in ombra da tempo. Tra Ispra e Ranco c’è il Parco del Golfo della Quassa, una grande area naturalistica in parte occupata da ville prestigiose che comunque hanno preservato l’ambiente da una più selvaggia urbanizzazione.
Si cammina in piano per una buona ora su strade bianche e si giunge al lago nelle vicinanze del Sasso Cavallazzo, un enorme masso erratico a suo tempo portato qui dal ghiacciaio preistorico, ma che sembra gettato apposta da un gigante, visto come si è infilato di traverso nell’acqua, a pochi metri dalla riva.
E’ una curiosità geologica unica, studiata da Antonio Stoppani, padre della geologia italiana. E bene hanno fatto i comuni locali e la Provincia di Varese a far diventare parco quest’area, frequentatissima in tutte le stagioni.
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