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“E’ una delle vallette più graziose delle Alpi, divinamente privilegiata per la bellezza dei suoi monti, la ricchezza dei suoi boschi, l’estensione dei suoi pascoli. E il viaggiatore che la percorre, le scopre tutte queste malie, ma sempre ad una ad una, mai tutte all’improvviso…”.
Alla ricerca del sole
La valle in questione è la Val Sermenza, o Val Piccola, una delle laterali della Valsesia, e la descrizione arriva dalla guida di don Luigi Ravelli, pubblicata nel 1924. Quando riprendo queste note riferite alle valli a torto giudicate minori e ai paesi più marginali, la cosa più bella è ritrovarli ancora così, a un secolo di distanza. Certo, oggi le strade per arrivarci sono asfaltate e vi è traffico, ma appena si lascia l’auto e si entra tra le case, sulle vie strette e acciottolate, è come fare un viaggio nel tempo.
Ma il mio scopo, in questa domenica di febbraio, non era l’atmosfera di inizio Novecento ma più semplicemente la ricerca del sole.
Mi spiego meglio. La Valsesia, come tutte le valli che portano alle grandi montagne, allinea gran parte dei suoi centri sul fondovalle, spesso serrato tra alti versanti. E il sole arriva quando può e, talvolta, in alcune case poste nel versante sfavorevole, non arriva per niente.
La Val Sermenza
Io ho cercato invece i comuni valsesiani più “solari” e ne ho trovato un paio che ho visitato proprio domenica scorsa: Rossa, in alta valle, e Civiasco, sulla strada da Varallo per il lago d’Orta. Scoprendo che si fregiano entrambi del titolo di “riviera della Valsesia”.
Rossa si trova subito all’inizio della Val Sermenza, laterale della Val Grande. Se passate da Balmuccia mentre salite verso Alagna, date una veloce occhiata alla vostra destra e vedrete per un attimo le sue case oltre l’imbocco della vallata. La Val Sermenza sale verso nord per una ventina di chilometri, dividendosi in due rami a metà strada, all’altezza di Rimasco. A ponente la strada raggiunge Rima, a 1400 metri, il comune più alto della Valsesia, bellissimo paese all’ombra del Tagliaferro. L’altro ramo porta a Carcoforo, paese che nel 1991 ebbe il riconoscimento di “villaggio ideale d’Italia”, grazie ad un referendum popolare.
L’arte è cultura locale
Per arrivare a Rossa si segue da Balmuccia la strada della Val Sermenza per meno di un chilometro e in località Cerva si sale a destra, con qualche tornante, per altri tre chilometri. Nei pressi della chiesa parrocchiale e del vicino municipio ci sono dei comodi parcheggi, dove vi dovete dimenticare dell’auto.
Oltre, siete in pratica in un’unica e piacevolissima isola pedonale, con alcune vie perfettamente selciate che tagliano in orizzontale il ripido pendio sul quale si appoggiano le case, mediamente su tre piani, che grazie al dislivello non si fanno ombra tra di loro. Appena fuori dal nucleo principale partono i sentieri che portano alle altre frazioni del comune, in parte ancora abitate, disposte a raggiera più in alto e per questo più assolate.
La chiesa parrocchiale, dedicata all’Assunta, è una costruzione imponente completata a inizio Ottocento. La sua architettura si ispira alla basilica del Sacro Monte di Varallo e ha in facciata un pregevole affresco di Giovanni Avondo. Il luminoso interno è uno specchio dell’arte locale, a testimoniare una cultura del bello molto radicata in Valsesia. Sono infatti di Rossa molti dei pittori che vi hanno lavorato, dai fratelli Tosi De Regis, a Francesco e Antonio Raineri e a Giuseppe Dedominici.
La sorpresa di Civiasco
Di tutt’altro tenore è Civiasco, che contende a Rossa il primato del sole, ma che si distingue per la signorilità dei suoi palazzi, più affini alle architetture che possiamo vedere nella parte mediana della Valsesia, che volge con facili passaggi verso il Cusio.
Vi confesso che non mi ero mai fermato a visitare il paese, a otto chilometri da Varallo, posto sulla strada della Colma che porta al lago d’Orta. Ci sono passato molte volte a piedi, accompagnando viandanti sul Cammino di San Carlo o durante la Peregrinatio tra i Sacri Monti di Orta e Varallo. Ma la via a piedi passa in basso, nella valle del torrente Pascone, dove è d’obbligo la sosta alla bella chiesa di Santa Maria dei Sette Dolori. Ora questo sentiero è impraticabile causa frane a inizio ottobre 2020 e in attesa di un suo ripristino conviene passare dal paese.
Ma che sorpresa! Un centro storico che non ti aspetti, con una serie di case e palazzi che sembrano usciti da una illustrazione di fine Ottocento, allineati sui due lati di una sorta di viale che dall’oratorio di San Rocco va dritto verso il nucleo più antico. Dove forse ti aspetti che si apra una piazza tra le case. E invece ecco una serie di vie strette, con le case ingentilite da statue, meridiane, decorazioni a trompe l’oeil. E poi fontane e lavatoi di artistica fattura.
Influenze arabeggianti
Ora a chiunque verrebbe da chiedersi: come mai tutto ciò, qui e in così poco spazio? Per fortuna mi viene in aiuto la bacheca informativa in stile di baita walser che trovo davanti al municipio, salvo ricordarmi che quelle bacheche le avevo fatte io per tutta la Valsesia, più di vent’anni fa…
Civiasco è l’unico paese conosciuto dove molte case si ispirano ad esempi di architettura ispano-moresca e il motivo va ricercato nell’emigrazione degli abitanti verso la Spagna, avvenuta nel Settecento, dove molti fecero fortuna specializzandosi nel settore alberghiero. Tornando, riportarono con loro uno stile costruttivo ispirato all’architettura araba che avevano conosciuto a Madrid, a Saragozza e a Barcellona.
E c’è un momento preciso dove questa rivoluzione urbana ebbe inizio: un incendio devastante nel 1779.
A quel tempo Civiasco era, come altri della valle, un villaggio rurale con le case dai tetti di paglia. I Savoia, con l’aiuto e l’intraprendenza degli emigranti civiaschesi, fecero in modo di ricostruire il paese secondo un piano regolatore – si direbbe oggi – che portò allo sviluppo edilizio che ammiriamo ancora oggi.
Grazioso e aristocratico
La posizione di Civiasco vicino a Varallo e sulla strada per i laghi e la pianura, permise al paese di mantenere un alto tenore di qualità di vita tra Ottocento e Novecento, grazie anche all’aiuto benefico della famiglia Durio. Il paese sarà il primo, dopo Varallo, a dotarsi di energia elettrica e di filo telefonico già nel 1910. E’ visitabile un piccolo ma ricco Museo Civico intitolato a Ercole Durio, allestito in un antico palazzo e vicino si trova la Biblioteca comunale.
Non posso fare a meno, in chiusura di pagina, di riprendere l’amata guida della Valsesia e del Monte Rosa di don Ravelli per vedere cosa mi scrive di Civiasco, sicuro di non essere deluso.
“ S’adagia lietamente sovr’una lussureggiante pendice esposta a mezzodì tra fioriture di ville, distese di verde ed occhieggiar di fiori. Per questo non è esagerazione il dire che, fra i vari paesi della Valsesia, Civiasco è uno dei più graziosi e certamente il più comodo e aristocratico”.
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