Commenti - Messi, l'eroe "vulnerabile" che ha riscritto la storia

Da Maradona a Messi, a distanza di 36 anni, l’Argentina risale sul tetto del mondo. Il campione nato fragile, curato dal Barcellona per i problemi di nanismo, diventato prima uomo e poi fuoriclasse, caduto e risollevatosi molte volte. Il Mondiale è stato il paradigma della sua vicenda sportiva: bruciante sconfitta con l’Arabia Saudita all’esordio, tensione e critiche, la rinascita e infine il trionfo. La finale non è stata da meno: dalla partenza super alla drammatica rimonta subita, dalla tensione di un interminabile testa a testa alla gioia della vittoria. Una vita e una carriera vissuti sulle montagne russe, sotto le costanti luci dei riflettori come mai nessun calciatore prima di lui. Genio capace di infrangere qualsiasi record, di irradiare la scena internazionale con magie in serie da quasi 20 anni, di completare l’accoppiata Coppa América-Mondiale mai riuscita a Pelé e Maradona. Questa Argentina è forse, con la Germania Ovest del ‘54, la nazionale meno forte ad aver vinto un campionato del mondo. E se è riuscita a tagliare un simile traguardo il merito è stato soprattutto di Messi. Che a 35 anni ha disputato una competizione e una finale spaventose per qualità tecniche e impatto delle giocate. Pelé non l’ho vissuto e Maradona l’ho solo sfiorato. Li ho rivisti, a lungo, grazie alle infinite risorse messe a disposizione dalla moderna tecnologia. E anche se il cervello da studioso mi continua forse a suggerire che Pelé resta il fuoriclasse per eccellenza, la perfezione dello stile e dei contenuti, il mio cuore da appassionato da domenica sera mi spinge a elevare sopra tutti Messi. Sia perché la sua storia di eroe “vulnerabile” che cade e si rialza più forte è maggiormente affascinante. Sia perché - ammesso che abbiano senso i paragoni - ognuno si affeziona di più alle icone della propria generazione. E nessun altro campione ha segnato la mia vita calcistica come Leo Messi.

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