L'impresa di Pavan: 120 km sul "tappeto" in 24 ore



Una vera impresa quella compiuta nello scorso fine settimana dall’ultramaratoneta Giuliano Pavan: classe 1952, residente a Borriana, tesserato per la gloriosa Bergamo Stars, si è cimentato in una 24 ore su tapis roulant. Proprio così, un giorno consecutivo di corsa simulando quella che doveva essere la “sua” 24 ore di Biella: proprio sua visto che lui è uno dei papà della BIUltra 6.24, l’ultramaratona che era in calendario proprio nello scorso fine settimana. Pavan ha completato ben 120 chilometri e con il suo solito aplomb inglese ha commentato “... virtualmente primo della sfida... di questi tempi non poteva essere altrimenti”.
Giuliano, cosa l’ha spinta a compiere questa piccola “pazzia”?
Non potendo gareggiare o semplicemente correre ho voluto far qualcosa di diverso. Un po’ una scommessa con me stesso, raccogliendo anche la “sfida” lanciata da Strava (una delle tante app sportive usate dai runner, ndr), che ha lanciato una sorta di contest. La regola era quella di correre in uno spazio di massimo 30 metri quadrati per 24 ore, dalla mezzanotte di venerdi scorso alla mezzanotte di sabato. La prima ora l’ho fatta fuori dal garage, ma era troppo stretto e non andava bene, allora ho deciso di usare il tapis roulant.
Come ha strutturato questa atipica 24 ore?
Senza strafare, mi ero prefissato di arrivare a 120 chilometri: quindi ho deciso di impostare una velocità che, in un’ora, mi portasse a completarne 5, concedendomi 10 minuti di pausa per andare in bagno, idratarmi o mangiare.
Quanto è difficile correre chiusi in un “box” per così tante ore?
Anche se sono stato sempre in movimento, è davvero una noia incredibile. E in più il “tappeto” l’ho sempre odiato: qualche tempo fa mi era pure venuta l’idea di venderlo. Durante le 24 ore qualche chiacchiera con mia moglie Silvana, che mi ha fatto assistenza come fossi in gara, un po’ di musica dei Pink Floyd e degli altri miei preferiti e qualche film sull’iPad. E tante cose a cui pensare, come sempre capita anche durante le gare.
E quindi anche qualche “attimo” di crisi?
Come no!! Alle 5 di mattina mi è venuto un gran sonno. Nelle ultime 4 ore, poi, la stanchezza da gara: sul tappeto chiudi gli occhi qualche secondo, non pensi a niente, lui ti porta un po’ e poi... riparti.
In questa gara è mancata la medaglia... nella sua lunga carriera quale la più bella?
Le “24 ore” sono dei buoni allenamenti perché le mie gare preferite sono le “6 giorni”: pazzesca una che ho fatto in Finlandia nel periodo estivo e con il sole a mezzanotte. Da andare fuori di testa. E poi il Tor des Geants: l’ho finito due volte su cinque. Anche quello, per me, dura circa sei giorni, ma senza l’assistenza che puoi avere nelle gare su strada.
Cosa pensa di questo periodo?
Non lo dimenticherò facilmente: la scorsa settimana ho perso la mia mamma Teresa. Aveva 92 anni e se ne è andata senza che nemmeno potessi salutarla: ha avuto la febbre, ma non si sa se la colpa possa essere del virus. A quell’età lo si mette in conto, ma non si è mai pronti a perdere un genitore. La tristezza assoluta è stata non poterla vedere, il funerale con solo noi figli e la sensazione di averla lasciata sola.
Il suo messaggio?
Io sono abituato a stare all’aria aperta, ma per il bene di tutti si può sopportare ogni limitazioni, affrontandola nella maniera giusta. Ci sono mille cose da poter fare. Io resto a casa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA