Come vivere la croce della malattia

Convegno organizzato dal Servizio di Pastorale della Salute sabato 16 marzo al teatro don Minzoni a Biella

Ci sono certamente momenti della vita che cambiano la nostra percezione della realtà e la malattia è uno dei motori più misteriosi della nostra esistenza. La malattia si propone come un ostacolo alla libertà del progettare la propria vita e quella dei propri cari, obbligandoci ad un percorso che passa dalla ribellione al male fisico fino ad una progressiva accettazione della fragilità come dato di un nuovo cammino nel proprio futuro. La malattia è intesa come un agente esterno che si impadronisce di una certa intimità della persona e delle sue relazioni, fino ad impossessarsene a volte in modo definitivo. Ma se la malattia in tal senso è un dato di realtà come tanti altri, la persona può però attivare nei suoi confronti una risposta spirituale (e in un certo modo anche fisica) molto marcata. Se da un lato cioè, è necessario combattere il male come aggressione alla salute e all’equilibrio del nostro benessere, dall’altro lato la malattia è un formidabile allenatore dello spirito, a volte quasi decisivo nel ridimensionare certe aspettative del nostro essere.

La fede cristiana si pone in modo ancora più netto su questa doppia valenza, a partire dalla stessa persona del Cristo, dove da un lato c’è la cura dei malati e la raccomandazione di pregare per la loro salute e guarigione, mentre sull’altro versante, vi è un’accettazione totale della finitezza dell’uomo fino all’esperienza della morte, in un processo che può trasformare il dolore in offerta di amore. Tutto questo rende per molti, soprattutto giovani oggi, il cristianesimo una religione da perdenti, per persone rassegnate o sottomesse. Sappiamo al contrario che il cristianesimo presenta con verità la croce come unità di misura della lotta che è comunque davvero presente nella natura e nella vita, proponendo alla sola reazione oppositiva anche un atteggiamento di crescita attraverso gesti di sollecitudine reciproca per sollevare l’infermità degli altri. In tal senso la carità cristiana è stata anche storicamente capace di attivare ospedali e forme di servizio inedite, laddove l’uomo viene privato della pienezza della forma fisica e della salute.

In sintesi, potremmo dire che, nell’esperienza dell’avvicinamento alla malattia, la salute del corpo viene accresciuta da una nuova forma di salute dell’anima, la dimensione dell’amore, forza assoluta stimolata dalla lotta e orientata sempre più verso la sollecitudine e la carità nei confronti dei malati.

Il “Christus patiens” (il Cristo paziente della croce) è tanto icona di infermità e di impotenza estrema, quanto di amore supremo che guarisce con la potenza di Dio, immedesimandosi nel dolore dell’uomo.

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