Dentro la valigia di una missionaria
Chiara Canova, giovane biellese, è da poco partita per l’Uganda. Rimarrà un anno a Rwentobo per sostenere i tanti progetti che sono in corso. Il suo intenso racconto di vita dal paese africano
Nel cammino che ci accompagna alla Pasqua il Centro Missionario Diocesano propone la testimonianza di una giovane biellese, Chiara Canova, da poco partita per l’Uganda, Rwentobo. Resterà per un anno a prestare il suo servizio. L’intervista è realizzata da Debora Toppan del Centro Missionario Diocesano.
Ad aprile del 2023, dopo esserti laureata in Antropologia e scienze dell’educazione, hai deciso di partire per andare in missione spinta dal fatto che, al tuo ritorno, la stabilità di un lavoro probabilmente non ti avrebbe più dato la libertà di poterlo fare nuovamente. Di ritorno dal tuo viaggio missionario in Uganda, però, qualcosa dentro di te è cambiato: cosa hai provato?
Durante il mio ultimo viaggio in Uganda, nella missione di Ewe Mama, dove ci sono i nostri volontari fidei donum Marco Berutti e Sara Pasqual Cucco, mi sono accorta che ero molto felice. Quando sono tornata qui, nonostante avessi in mente di iniziare a cercare lavoro, mi sono resa conto che mi mancava qualcosa e che forse questa mancanza derivava dal fatto che il mio cuore desiderava vivere più a lungo quelle esperienze missionarie che avevo fatto sino ad ora: un mese in Mozambico, un mese in Bolivia, a Betlemme e infine, proprio in Uganda.
Quando ti sei accorta che qualcosa dentro di te stava cambiando? C’è stato un episodio particolare che ti ha fatto pensare che avresti voluto cambiare vita?
Quando sono arrivata in Uganda ho sentito sin da subito la sensazione di essere tornata a casa. Ricordo di aver esclamato: finalmente! Non c’è stato un episodio particolare, ma ricordo l’emozione: mi sentivo finalmente felice.
Quando sei diventata consapevole di questo tuo desiderio, hai incontrato difficoltà nel realizzarlo?
No, ma ci ho messo un po’ a capire che era davvero quello che volevo. Dapprima in me ha iniziato a insinuarsi il pensiero, poi ho cominciato a pensarci un po’ su e sempre più concretamente e poi mi sono avvicinata al mio percorso di preparazione.
Che cosa ti ha aiutato a compiere questa scelta?
ll pensiero di quando ero in Uganda. Le sensazioni che provavo e il chiedermi se qui sentivo le stesse cose pensando anche a un futuro lavorativo, vivendo la normale routine. Mi sono chiesta più volte se rimanere qui mi avrebbe dato quella felicità oppure no. Ecco, la risposta a questa domanda è stata la spinta che mi ha portato ad andare avanti e a dire che questa è la strada giusta per me.
Che cosa hai provato a pochi giorni dalla tua partenza?
Un po’ di preoccupazione dovuta per lo più al pensiero di dimenticare qualcosa qui, perché sono tante le cose da preparare. E poi il pensiero di realizzare che sto partendo e che quindi questo anno sta diventando davvero concreto. Sapere di stare via tanto tempo, pensare che andrà tutto bene, ma che qualche piccola difficoltà ci sarà sempre e poi l’incertezza, perché anche se in missione ci sono già stata, non ho mai fatto un’esperienza così lunga. Quindi direi una sana emozione.
Come ti sei preparata a vivere un viaggio missionario di un anno?
Ho frequentato un corso di formazione al CUM - Centro Unitario per la formazione Missionaria – organizzato dalla CEI a Verona. Questo corso prepara i giovani che desiderano partire per esperienze missionarie più lunghe, affrontando temi diversi in maniera approfondita.
Quando sei partita la prima volta, per un’esperienza più breve, come ti sei preparata?
Con il corso “Venite e Vedrete” organizzato dal Centro Missionario Diocesano di Biella. Questo corso mi ha aiutato a capire che in missione non si va tanto per “fare” delle cose ma per “stare” con le persone che si incontrano ogni giorno. Il corso insegna a partire senza aspettative e questo consente di vivere la missione apprezzandone ogni suo aspetto e accogliendone appieno il senso. In questo modo ti prepari a vivere la missione scegliendo di metterti in gioco senza pregiudizi e riserve.
Senti che si sta realizzando un sogno?
Ho sempre vissuto molte esperienze missionarie, ma per poco tempo, perciò essere arrivata a decidere di partire per un tempo più lungo mi fa pensare che forse c’era un motivo per cui questo desiderio ora si è fatto sentire così forte. Quindi sì.
Cosa diresti ai giovani che hanno nel cuore il desiderio di conoscere più da vicino il mondo della missione?
Vivere un’esperienza missionaria arricchisce tantissimo. Si conosce un mondo completamente diverso da quello a cui siamo abituati e questo aiuta a rendersi conto di ciò che è davvero importante. Al di là di tutte le differenze riscontrabili a livello sociale ed economico, c’è una grande differenza nella qualità della vita. Quest’ultimo punto in particolare è uno dei motivi per cui ho deciso di partire: tornare all’essenziale. Qui si vive con la frenesia, con il pensiero che corre a cosa dovrai fare nell’istante successivo, perdendo così la possibilità di vivere il momento presente. Tornare in un luogo in cui c’è poco, ma quel poco è l’essenziale che in realtà basta e che ti fa apprezzare molto di più ogni momento che vivi, semplicemente perché lo vivi davvero, non pensi mai a cosa dovrai fare dopo. Così, anche le cose più semplici acquistano un valore immenso che supera di gran lunga quello di avere mille comodità che abbiamo noi. Ritornare all’essenziale, rallentare i tempi, vivere e godersi la vita in ogni istante, arricchisce tantissimo! Quindi ai ragazzi voglio dire: mettetevi in gioco, anche solo per un breve periodo, ma non abbiate paura, siate disposti a vedere il mondo con occhi nuovi.
Cos’ha cambiato in te la missione?
Il mio modo di vedere la realtà: mi sono accorta di cose che prima non vedevo. Ho iniziato a notare le differenze e domandarmi cosa conta davvero nella vita. Tutte le persone che si incontrano in terra di missione arricchiscono tantissimo e quando si ritorna a casa ci si rende conto che quei luoghi non sono poi così lontani. Questo aiuta a percepire la vita in maniera diversa e ricordarlo farebbe bene a tante persone.
Qual è la frase che porti con te in questo viaggio e che ti fa da guida?
Quando ero al corso di formazione al CUM di Verona, una signora che ha seguito noi ragazzi per tutto il tempo e che ci ha fatto un po’ da mentore e un po’ da mamma, ci ha detto: “Bisogna sempre ricordarsi che noi nasciamo nello sguardo dell’altro”, ed è così. Per me questa frase racchiude tante cose.
Cosa diresti alla Chiara di un tempo e cosa diresti alla Chiara di adesso?
Alla Chiara di un tempo direi di non aver paura di ascoltarsi e di scegliere ciò che sente nel cuore. Alla Chiara di adesso, invece, direi di stare tranquilla e di viversi ogni momento senza pensare a come sarà e a quello che farà, ma di “stare” nel presente.
Qual è l’emozione più forte che porti con te?
La curiosità, perché questa per me è un’esperienza nuova sul lungo termine e la speranza, perché forse finalmente ho trovato la mia strada.
Cara amica, che il tuo cuore grande, i tuoi occhi puri e il tuo sorriso luminoso possano portare l’Amore di Dio a chi ne ha bisogno. Un abbraccio grande da tutto il Centro Missionario di Biella e da chi ti sostiene e ti vuole bene.
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