La denuncia dei sindacati: «Rette nelle Rsa: ogni famiglia pagherà 700 euro in più all’anno»
La crisi energetica. Il caro bollette. La crisi del lavoro. L’aumento dei prezzi dei beni di consumo. E adesso anche l’aumento delle tariffe delle Rsa. Momenti sempre più difficili per le famiglie italiane alle prese con crescenti difficoltà economiche che coinvolgono tutti i settori. La Regione Piemonte ha aumentato le tariffe delle residenze per anziani e i costi per le famiglie. E i sindacati hanno subito denunciato la situazione. «La Regione» hanno sottolineato a livello piemontese Gabriella Semeraro della Cgil, Luca Caretti della Cisl e Francesco Lo Grasso della Uil «ha adottato una serie di interventi spot, che non poggiano le basi su un progetto strutturato di integrazione e riorganizzazione del Sistema sanitario e sociosanitario. Tutto inizia con il trasferimento di malati dagli ospedali alle RSA: reduci da una emergenza pandemica non ancora conclusa, che ha mostrato gli effetti negativi del nostro sistema sanitario e sociosanitario, la Regione provvede a rendere strutturale un provvedimento, utilizzato all’apice della pandemia, per decongestionare i posti letto degli ospedali. Pazienti anziani potranno essere trasferiti, da ospedali, pronto soccorso e CAVS nelle RSA. Può avere un senso questa logica nell’emergenza o in una fase transitoria che deve avere come obiettivo finale rinforzare la risposta del Servizio sanitario pubblico del Piemonte. Diversamente si corre il rischio di costruire “di fatto” un modello dove la sanità pubblica si indebolisce e si stressano ulteriormente le strutture sociosanitarie».
I SINDACATI DEL TERRITORIO
I sindacati biellesi, con Marvi Massazza Gal della Spi-Cgil, Roberto Bompan della Fnp-Cisl e Massimo Bettinelli della Uil, hanno proseguito: «Non poteva esserci momento peggiore per decidere questo provvedimento: un aumento delle rette pari al 5,1%. Significa che per i posti letto convenzionati con l’Asl l’incremento sarà a carico dell’Asl medesima per la quota sanitaria, mentre per la quota cosiddetta “alberghiera“ sarà a carico delle famiglie, con un aggravio di circa 700 euro l’anno. Inoltre sempre più strutture saranno costrette ad aumentare anche le rette private, in seguito all’innalzamento dei costi. Avere un famigliare in una casa di riposo si sta trasformando da una necessità in un lusso, che sempre meno anziani e famiglie possono affrontare. Per questa ragione chiediamo che l’au- mento previsto non gravi sulle tasche degli anziani ricoverati e le loro famiglie ma si trovi il modo di compensarlo. Prendersi cura di un anziano, magari non autosufficiente, sta gravando sempre più sulle famiglie, sulle donne in particolare. La nostra Asl qualche settimana fa comunicava un utile di bi- lancio di 15mila euro. I sindacati dei pensionati non credono che questa sia una buona notizia; certo siamo virtuosi, questo è un bene, ma siamo anche una Asl povera. Avendo un utile sembra che le risorse siano sufficienti, ma non è così. Per una provincia con una media di popolazione anziana alta come il Biellese, con le risorse attuali non sarà possibile nessun progetto di potenziamento per migliorare sanità e assistenza domiciliare e territoriale, oggi insufficienti. Né sarà possibile aumentare i posti letto convenzionati nelle case di riposo, altra urgenza non più rimandabile. Siamo preoccupati e non vorremmo che per con- tenere i costi dell’aumento delle rette l’Asl allunghi i tempi per l’inserimento di chi ha diritto ad avere un posto letto convenzionato in struttura. Abbiamo bisogno di risorse aggiuntive da vincolare per la non autosufficienza per la nostra Asl, altrimenti un invecchiamento adeguato e supportato sarà garantito solo a chi possiede risorse economiche consistenti».
L’INTERVENTO DI PAOLA GARBELLA
Sulla questione è intervenuta anche Paola Garbella, direttore generale della Fondazione Cerino Zegna e punto di riferimento sul territorio delle case di riposo. «Si tratta di un adeguamento del tariffario della Regione» dice «e riguarda solo coloro che hanno la convenzione. Le tariffe erano ferme al 2013. Per legge l’assistenza residenziale per anziani non autosufficienti è al 50 per cento a carico della sanità e per l’altro 50 per cento a carico dell’utente. Se la Regione dunque decide di aumentare la propria compartecipazione con la quota sanitaria in automatico deve aumentare anche quella a carico dell’utente. Voglio invitare i sindacati però a porre l’attenzione anche sugli anziani non autosufficienti che non rientrano nella convenzione e rappresentano la maggioranza dei nostri ospiti. Il vero snodo secondo me è questo e la sanità regionale dovrebbe fare di più per i non autosufficienti».
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